Privacy Policy
top of page

CHE COS’È IL DECENTRAMENTO?

Aggiornamento: 3 giu


Paolo Knill

Per decentramento nelle Arti Terapie Espressive, si intendono una serie di interventi creativi volti a promuovere l’uscita dagli schemi abituali allo scopo di favorire l’ingresso nel mondo alternativo dell’immaginazione. 

 

Si tratta dunque di provocare una rottura rispetto alle routine e agli schemi mentali, relazionali, corporei ed emotivi che siamo abituati a impiegare comunemente, in favore di un altro modo di fare e vedere le cose. 

 

Paolo Knill, fondatore del metodo delle Arti Terapie Espressive (EXAT in inglese), chiama il contesto ordinario della vita con il termine di “H a b i t u a l Worlding” (Knill et all., 2005)ed è da quel contesto che occorre decentrarsi e prendere distanza rovesciando gli abituali schemi. 

 

Il fatto di dover rompere degli schemi mette inevitabilmente e intenzionalmente il cliente della sessione di Arti Terapie Espressive in difficoltà. 

 

È un fatto voluto, una “piccola crisi” appositamente costruita per promuovere la ricerca di un nuovo comportamento, di un “nuovo modo di cavarsela”in un contesto che non ha riferimenti con il precedente. Ciò deve tuttavia avvenire con gradualità, in uno spazio di “rischio accettabile”, altrimenti il cliente alzerà le sue difese e i risultati creativi saranno incerti o inesistenti.


A decentramento avvenuto, si attiva l’immaginazione, l’illogico e quella parte della mente in cui regna l’inconscio

 

Si viene portati in un’area transizionale, tra l’immaginazione non folle e la realtà, un luogo in cui non c’è rischio, perché gli eventi che accadono e le conseguenze dei medesimi sono immaginarie e pertanto ci si può dedicare allo scopo di ogni atto creativo, in totale libertà espressiva ed entro vincoli di buon senso, sintetizzati dall’espressione fare per fare. 

 

Il decentramento è anche uno spazio di distanza dalle proprie preoccupazioni quotidiane e per essere mantenuto è richiesto al cliente una forte presenza nel qui e ora della situazione artistica e creativa.

 

È possibile creare decentramento per lo più attraverso 3 tecniche:


Il GIOCO: simile al contesto ludico infantile, si svolgono attività che coinvolgono immaginativamente, spiazzano, sorprendono e divertono, producendo uno stato di abbandono. Si tratta del metodo più comunemente usato.

 

Il RITO: si tratta di creare una situazione da “passaggio della soglia”. Diversamente dal gioco , il decentramento avviene in modalità istantanea: da un momento all’altro si viene catapultati in un altro mondo: la metafora esplicativa è la caduta di Alice nella buca del

Bianconiglio, porta di ingresso nel “meraviglioso mondo”. Esistono tuttavia anche altre tecniche, di richiamo sciamanico o etnico, per più lunghi rituali di decentramento che durano l’intero spazio della sessione, intesa come un lungo e intenso “rito di guarigione”.

 

Il LAVORO ARTISTICO: in tal caso sono la concentrazione totale e l’attenzione assoluta durante il processo creativo e l’immersione nell’arte a portare “dall’altra parte”. Per creare decentramento è importante che l’arteterapeuta espressivo utilizzi solo strumenti che conosce, che ha sperimentato su di sé e di cui conosce gli effetti.


Una volta che il decentramento è avvenuto, tutto il processo creativo avverrà in quest’area transizionale, definita il mondo alternativo dell’immaginazione (“Alternative Worlding”, Knill e all. 2005).

 

Una volta terminato il processo creativo, sarà necessario uscire dal decentramento, altrimenti il rischio è quello di creare un mondo parallelo a quello comune, nel quale il cliente vuole indugiare o rifugiarsi invece di portare nella vita di tutti i giorni i risultati della sua esperienza creativa. 

 

Il decentramento non è un fatto scontato e non è detto che avvenga per tutti allo stesso modo.

 

Affinchè vi sia decentramento è innanzitutto necessario che vi sia un buon livello di riscaldamento ma anche questo non è l’unica prerogativa! Infatti “Il decentramento non vuole ragionamento”, ma in una società in cui la mente tende ad avere la meglio sul corpo, dove il tempo per ascoltarsi, vivere e godere delle sensazioni più semplici e primitive è diventato pressoché un lusso, decentrarsi non è cosa semplice. 

 

Io stessa, che ho avuto modo di sperimentare (o non sperimentare...), il decentramento attraverso diverse tecniche, posso dire di non essere sempre stata in grado di andare in “una dimensione altra”. 

 

Se il gioco ed il lavoro artistico sono tecniche p e r  m e  f a c i l i t a n t i  n e l  c r e a r e

decentramento, non posso dire lo stesso del modo “in rituale”.


In quest’ultimo caso infatti, spesso la mente ha preso in me il sopravvento.

 

Andare così subitaneamente in una dimensione altra, permettendosi di abbandonare gli abituali modi di fare, pensare, comportarsi che tanto al sicuro ci fanno stare, che ci difendono, proteggono, ma anche anche giudicano, criticano e controllano ciò che c’è intorno a noi impedendoci di esplorarlo con curiosità, vuol dire inevitabilmente abbassare ogni tipo di difese e mettersi a nudo, accettando di correre dei “rischi”

 

Il livello di rischio da correre è comunque tendenzialmente scelto dalla persona stessa, la quale decide quanto abbandonarsi all’esperienza

 

Non bisogna inoltre dimenticare che i rischi che si corrono avvengono comunque sempre in un contesto protetto, in cui non c’è giudizio da parte del gruppo o dell’arteterapeuta e nessuna preoccupazione di natura “estetica”.

 

Vige al contrario una forma di tutela derivante dal lavorare attraverso il simbolismo e in un contesto di immaginazione, in cui tutto è possibile e non vi sono ricadute sulla realtà propriamente detta.


Correndo questo “rischio” si ha però la possibilità di rimanere piacevolmente sorpresi, spiazzati e di trovare una nuova consapevolezza, nuove risorse, forze e soluzioni per tornare alla realtà di tutti i giorni più forti e con nuove strategie. 

 

Una volta all’interno del mondo alternativo dell’immaginazione, il cliente decentrato ha l’opportunità da esplorare, sperimentare, prendere rischi e creare trasformazioni, abbandonando schemi e abitudini (mentali, posturali, relazionali) che che sono ormai cristallizzati e che non permettono di trovare soluzioni altre. 

 

Per Knill (2005), il decentramento è infatti l’area in cui avvengono “i riti di restaurazione”, ovvero quelle pratiche di guarigione cui si sottopongono le persone ammalate, accettando di entrare in un diverso campo di forze, una dimensione di metamedicina, in cui ad agire sono altre risorse, differenti da quelle in uso convenzionalmente.



Qui Knill fa esplicito riferimento alla figura dello sciamano, di cui l ’a r t e t e r a p e u t a  e s p r e s s i v o  è l’evoluzione, ovvero colui che con strumenti “magici”, cerca e facilita la guarigione della persona che si è rivolta a lui, conducendolo in una dimensione s p a z i o - temporale inversa per sollecitarne le interne risorse, con l’ausilio delle forze alchemiche superiori che egli è in grado di richiamare, esattamente come il “curandero-arteterapeuta” richiama il magico potere della creatività e dell’immaginazione nello spazio “altro” del decentramento, che è l’ambiente “magico” in cui si compie il suo rito (la sessione di arti terapie espressive).

3 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page