L’invidia indica un sentimento di malevolenza e di ostilità, generato dalla sofferenza che si prova nel constatare la felicità o il successo raggiunto dagli altri.
L’invidia si realizza nel confronto con coloro cui viene attribuita importanza o in ambiti considerati importanti, circostanze che fanno avvertire questo sentimento, come autentico e parecchio doloroso: é dunque necessario, perché l’invidia si manifesti, il confronto sociale.
Si distingue dalla gelosia perché è una sofferenza di malanimo, caratterizzata dall’astio verso persone che raggiungono ciò che invece non si é stati in grado di realizzare personalmente.
Quindi l’invidia, che contiene componenti di competizione, aggressività e denigrazione, possiede, sul momento, la funzione di proteggere il Sé della persona che si sente minacciata, dal paragone con l’Altro di successo.
Nell’invidia, un termine che proviene dal latino invidere (“guardare di malocchio, gettare il malocchio”), manca una relazione positiva con l’altro e i sentimenti di odio appaiono ai terzi ingiustificati e poco connaturati alla situazione.
Si tratta di un sentimento che si contrappone nettamente all’amore e all’altruismo ed è privo di costruttività e di piacevolezza, tanto da essere socialmente disapprovato.
Esiste tuttavia una forma di invidia senza malanimo e senza desiderio di spoliazione dell’altro: essa è positiva e sfocia al massimo livello nell’ammirazione, sovente diventa il motore per un cambiamento personale.
Esistono anche forme di invidia non perniciosa tra i partner, causate dall’ammirazione invidiosa nei confronti delle inevitabili caratteristiche positive possedute esclusivamente dall’uno o dall’altro.
Per Freud, le bambine posseggono una sorta di invidia del pene maschile, che corrisponde al sentimento infantile di essere carenti di qualcosa che procura un potere speciale.
Quando l’invidia del pene è al culmine, per Freud le bambine desiderano essere maschi. Il desiderio di possedere un pene non si accompagna tuttavia a sentimenti aggressivi verso il maschio, quanto di conquista e possesso esclusivo, oppure nei casi migliori di intima vicinanza, ammirazione benevola, devozione.
Per Freud il sentimento dell’invidia primaria dei bambini si trasformerà successivamente in una ricerca di giustizia personale o sociale.
Per Melanie Klein(1882-1960), invece l’invidia infantile comporta dei sentimenti aggressivi, come il danneggiare il seno della madre oppure il distruggere (fantasiosamente) l’oggetto d’amore.
Sentimenti di invidia infantile esagerati sono dannosi per lo sviluppo della personalità, in quanto possono interferire con il contenimento degli impulsi e con la capacità di provare piacere e tollerare le frustrazioni.
Perché si determini l’invidia sono necessari i seguenti elementi:
il sentimento di mancanza di qualcosa che viene considerato un valore importante o fondamentale;
la rivalità con qualcuno definito come significativo;
un sentimento di inferiorità e di frustrazione per la propria condizione
la presenza di un pubblico, implicito o esplicito, presunto giudice della persona invidiosa e sostenitore della persona vissuta come “affermata”;
una situazione specifica, poiché l’invidia non é trasversale, bensì situazionale.
Un’altra particolarità dell’invidia è che può scattare per coloro che si mostrano abili e competenti quanto e più della persona invidiosa, negli ambiti in cui essa si é sempre percepita in condizioni di vantaggio e successo.
Ciò non accade di solito se costoro eccellono in domini nei quali la persona invidiosa non mostra particolare interesse, oppure finge di non averne, mentendo a se stessa e convincendosi che primeggiare in una data circostanze o disciplina non è affatto importante.
L’invidia è molto intensa nei confronti delle persone le cui caratteristiche e chance di partenza sono state identiche a quelle della persona invidiosa, eppure gli esiti non sono stati i medesimi.
La spiegazione del successo viene di solito affidata alla miglior sorte, all’assenza di ostacoli e infine a una “inspiegabile" sopravvalutazione dei loro talenti da parte di chi doveva valutarli, che ha ingiustamente spianato loro la strada.
Vantaggio secondario dell’invidia é quello di restare dove ci si trova, per evitare ulteriori fallimenti, tuttavia il prezzo pagato a questa strategia, oltre quello di sprecare altro tempo senza fare alcun tentativo concreto di migliorarsi, é quello di vivere un senso di orribile frustrazione e inappagamento.
L’invidia può essere combattuta cercando di ridurre la stima del valore attribuito ai “beni” in possesso dall’altro, invitando a formulare un quadro più accurato e complessivo dei punti di forza ma anche di debolezza (stima pregi e difetti) della persona oggetto di invidia, allo scopo di riequilibrarne la visione, poiché di solito bersaglio dell’invidioso è una persona normale, con alcuni pregi e molti difetti che é sottoposta, come accennato sopra a un’inspiegabile idealizzazione.
Un altra modalità consiste nel tentativo di innalzare la propria auto-stima, riflettendo sulle personali imprese che nel corso della vita sono state affrontate con successo, nonostante varie avversità, focalizzando su ciò che si possiede e su cui si è forti, piuttosto che su ciò che non si possiede e che realisticamente non si possederà mai (compensazioni positive).
Strategie destinate a fallire sono invece quelle di natura competitiva, poiché spingono a puntare sul raggiungimento di una posizione più elevata di quella assunta dalla persona invidiata, per “riportarla dov’era” o cercando di eccellere in uno specifico dominio in cui l’altro non potrà arrivare e che invidierà a sua volta.
Benché tale strategia possa rivelarsi in un primo momento vincente, tende successivamente a veicolare una notevole paura da “perdita del primato”, per la quale l’invidia si trasforma in gelosia della posizione raggiunta e sospettosità nei confronti degli altri, percepiti a quel punto sempre come minacciosi (paranoia).
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