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Immagine del redattoreNicola Sensale

Carl Rogers e l'Approccio Centrato sulla Persona

Aggiornamento: 17 lug


Rollo May e Carl Rogers

Premessa

A fondamento di ogni scienza umana e psicologica c'è una specifica teoria della mente che prende in esame come sono fatte le persone, quali sono i loro meccanismi di funzionamento, i problemi specifici e le criticità da risolvere secondo un particolare vertice di osservazione. Da uno specifico modo di pensare alla persona e ai suoi comportamenti, da un dato "atteggiamento conoscitivo", discende dunque un particolare approccio allo studio dell'uomo e dei suoi misteri e alcuni specifici strumenti di intervento.

 

Che cos'è l'ACP?

L'approccio centrato sulla persona (APC) guarda all'individuo come capace di agire responsabilmente e in prima persona sulla sua salute contando sulle sue potenzialità di cambiamento. Tale approccio è sorto negli anni '50 negli Stati Uniti, per opera di Carl Rogers (1902-1987) e Rollo May (1909-1994), esponenti di spicco della Psicologia Umanistica. Secondo Rogers e May, tutte le persone sono fondamentalmente sane e dotate di risorse e piena capacità di autodeterminazione, in grado, se sollecitate e agevolate, di auto-comprendersi, modificare e migliorare il proprio comportamento, seguendo la propria tendenza "attualizzante". Per l'ACP, compito del terapeuta è quello di facilitare il percorso di auto-consapevolezza ed “empowerment” del cliente, creando attorno a lui un clima di accettazione, sospensione del giudizio, considerazione positiva ed empatia, come circostanze e fattori necessari a generare il cambiamento atteso. L'accento dunque si sposta dalla cura di patologie e disturbi al rafforzamento delle parti sane dell'individuo da impiegare esse stesse come strumento di cura. 


Quali sono i suoi capisaldi?

L'Approccio Centrato sulla Persona considera in modo positivo e ottimistico la natura umana e basa le tecniche da impiegare nella relazione d'aiuto su principi quali: 

 

il rispetto della persona del cliente

la fiducia nelle sue potenzialità

l'accettazione delle sue modalità comportamentali

l’interesse verso le sue opinioni e "costruzioni di mondo"

l’accettazione della sue verità soggettive

 

Per tale approccio, le tecniche di intervento sono poste al servizio della costituzione di una relazione in cui siano presenti condizioni favorevoli a che il cliente/utente sia in grado di avere maggiore fiducia in sé stesso e nei suoi naturali processi di cambiamento. L'Approccio Centrato sulla Persona si basa sui continui rispecchianti empatici del professionista, utili a rafforzare il sé del cliente come persona positiva e in grado di gestire in prima persona le sue criticità attraverso le risorse che egli stesso possiede. Potenzialità di cui forse ha dimenticato l'esistenza, ma che il professionista é li per rammentare, con disposizione benevola e ottimistica visione sulle sue possibilità. 

 

Quindi il fine ultimo delle terapie basate su tale approccio è quello di creare condizioni favorevoli a che la tendenza attualizzante possa manifestarsi. Per Rogers, come per tutti gli esponenti della Psicologia Umanistica, la tendenza attualizzante è il patrimonio di risorse presenti in ogni persona che spiega l’esistenza della naturale spinta evolutiva umana e anche la tendenza a vedere un problema come un'occasione di crescita e autorealizzazione ("problema come opportunità"). 

 

Naturalmente Rogers non nega l'esistenza delle difficoltà che si oppongono allo sviluppo dell'autonoma capacità evolutiva delle persone: per lui non solo è indispensabile la costruzione di un contesto di relazioni umane positive, ma anche che tale contesto sia lontano da minacce o attacchi, da cui il richiamo a una psicoterapia o medicina pubblica che venga svolta in condizioni accettabili e positive, anche per i curanti.

 

Rogers non sottovalutava l'importanza delle definizioni nosografiche e delle etichette diagnostiche, in uso in psicoterapia e psichiatria, ma le considerava come l'alibi che sovente i curanti adottano per stare distanti dai loro pazienti. Rogers sostituirà infatti il termine di paziente con quello più "democratico" di cliente, volendo sottolineare con ciò la necessità di accorciare una distanza, riumanizzare la relazione d'aiuto, restituire alla persona parte del suo potere, che in quanto paziente, psichiatria e psicoterapia gli hanno in parte sottratto. 


Thomas Gordon e Natalie Rogers

L' Approccio Centrato sulla Persona é di conseguenza non direttivo e poco asimmetrico e attribuisce maggiore importanza alla relazione rispetto a ogni altro aspetto della cura (colloquio clinico, diagnosi, trattamento specifico). Per Rogers instaurare una buona relazione é già il fondamento della terapia, in quanto trovando modo di allearsi con la parte sana del cliente, il terapeuta ha di per sé creato le condizioni per stimolare i processi di cambiamento nel cliente stesso. E' la qualità della presenza offerta, dei rispecchiamenti positivi elargiti, dell'ascolto e del calore prodigato nella relazione a creare trasformazione, perché secondo Rogers ogni intervento affettivo e autenticamente sostenitivo stimola i processi auto-generativi e di auto-guarigione della persona. 

 

 

La preparazione professionale

Per Rogers nessuna persona dotata di "buona socialità" può tuttavia sostituirsi al terapeuta nell'approccio al cliente. Per lo psicologo americano gli operatori che desideravano utilizzare l'Approccio Centrato sulla Persona dovevano necessariamente essere preparati a farlo, conoscerne i fondamenti e le principali tecniche, non era sufficiente possedere buone doti umane. Inoltre per Rogers, il terapeuta preparato all'ACP possiede doti umane ben riconoscibili quali  capacità di accettazione positiva incondizionata, sospensione del giudizio, empatia e autenticità (congruenza). Sono queste le condizioni che dispongono il cliente ad attenuare le sue resistenze e rendersi disponibile al cambiamento.

 

 

Un po' di Storia

L'Approccio Centrato sulla Persona nasce all’interno della psicoterapia (altrimenti detta centrata sul cliente) e in successivo momento, per volere dello stesso Rogers e May, strutturata anche nella forma di una serie di tecniche, definite di counseling, utili a qualsiasi professionista della relazione di aiuto (medico,infermiere, social worker, etc.) che abbia bisogno di farsi una certa idea delle persone e di come esse sono fatte per potervi intrattenere efficaci rapporti professionali.

 

Il Counseling grazie a Rogers entra a pieno diritto come disciplina di facilitazione per non psicologi e psicoterapeuti e si svilupperà in tutto il mondo, come costola dell’Approccio Centrato sulla Persona. All’inizio Rogers svilupperà una serie molto ampia di tecniche per “centrarsi sulla persona”, utili agli psicoterapeuti come ai facilitatori in counseling. Egli le definì insieme al suo collaboratore, lo psicologo americano Richard Farsen (1926-2017), tecniche di ascolto riflessivo. Esse erano basate prevalentemente sulla propensione ad ascoltare invece che interpretare e successivamente alla fase di ascolto, nel riflettere verso il cliente quello che lui aveva detto, semplicemente riformulandolo in altre parole e senza aggiungere niente di proprio, nè consigli, nè frasi di conforto, né letture interpretative del suo inconscio. 

 

Più avanti l’ascolto riflessivo venne ulteriormente sviluppate da Thomas Gordon (1918-2002), allievo anch’esso di Rogers, e definito con il nome di Ascolto Attivo. Thomas Gordon è stato altrettanto influente quanto Rogers e May nell'approcciare ai temi della comunicazione, dell'educazione, dell'istruzione scolastica e della formazione manageriale con una modalità definibile come democratica. Utilizzando i principi dell'ACP e sviluppando a sua volta nuovi modelli di inquadramento e nuovi metodi, Gordon rivolgendosi direttamente ai genitori, insegnanti e responsabili aziendali, è stato in grado di contribuire alla crescita dei sistemi educativi scolastici e familiari e di quelli della formazione manageriale, sapendo coniugare l'interesse per la realizzazione degli obiettivi delle organizzazioni stesse con il benessere delle persone che si trovavano al loro interno. 

 

Si deve infine alla figlia di Carl Rogers, Natalie (1928-2015) l’aver incorporato l’ACP nelle Arti Terapie Espressive, generando il metodo arteterapeutico intermodale da lei definito The Creative Connection o anche Person Centered Expressive Arts. 


La Triade degli Atteggiamenti

La triade degli atteggiamenti: Carl Rogers (1959) definì non direttivo il colloquio del suo modello di intervento centrato sul cliente e sottolineò quanto fosse importante che il terapeuta o l’esperto di facilitazione possedessero alcune qualità umane non comuni (saper essere), insieme alle qualità tecniche (saper fare). Dunque Rogers aveva individuato una triade di atteggiamenti relazionali la cui applicazione nel contesto dellla relazione d'aiuto era ritenuta condizione necessaria a generare il cambiamento nel cliente. Esse erano:

 

-la congruenza o autenticità

-l’accettazione o considerazione positiva incondizionata

-la comprensione empatica

 

Congruenza o autenticità 

Per Rogers il terapeuta non ha una facciata, uno schermo dietro il quale si protegge per occultare se stesso agli altri. Ciò che si vede fuori è quello che c'è dentro. Questo atteggiamento autentico non significa che l'operatore racconta la sua vita o riferisce le sue emozioni al cliente, perchè egli è tenuto ad ascoltare, non a farsi ascoltare. Significa invece che egli non deve negare o evitare i propri sentimenti, neanche a se stesso, ma esserne consapevole e non aver paura di esprimerli se è opportuno farlo e sempre nell'interesse del cliente. Questo primo atteggiamento di trasparenza, può essere riassunto nella seguente affermazione: “Non dico tutto ciò che penso, ma ciò che dico lo penso davvero”. 

 

L’accettazione incondizionata e considerazione positiva 

Terapeuti e facilitatori debbono essere capaci di credere che interiormente ogni persona sia degna e valida. Considerare un essere umano degno di considerazione positiva non significa doverne approvare sempre il comportamento anche quando palesemente sbagliato, ma accettare la persona così com'è, nella sua fallacità con atteggiamento comprensivo e allo stesso tempo volto a intervenire per modificare ciò che serve. Chi giudica di solito si limita a stigmatizzare o mettersi in superiorità morale, ma non indica o invita a trovare soluzioni per operare diversamente. 

 

Tale atteggiamento accettante è così riassumibile: “posso non condividere ciò che fai, ma non ciò che sei”. L’incondizionalità si riferisce dunque alla costanza con cui si accetta una persona, per ciò che é. Accettazione incondizionata, nella relazione di aiuto, significa anche che l’atteggiamento del professionista non fluttua né in funzione dello stato emotivo o del comportamento del cliente, né dell’atteggiamento di quest’ultimo nei suoi confronti. Così l’incondizionalità comporta, fra l’altro, nessun giudizio o nessuna approvazione o disapprovazione da parte sua, basata sui suoi schemi di riferimento morale o "standard di buon comportamento".

 

La considerazione positiva si riferisce invece a una sorta di atteggiamento affettivo del facilitatore o del terapeuta nei confronti del cliente: il modo in cui lo valorizza, lo accoglie, crede nelle sue potenzialità e si sente impegnato con lui, in in modo pacato e distaccato. Questo atteggiamento è anche chiamato di ‘cura’ (caring) o di ‘calore non possessivo’ . Il contrario di tutto ciò è un atteggiamento paternalistico in cui si tratta il cliente in base al nostro schema di riferimento. Alcuni aspetti di questo atteggiamento sono: la mancanza di rispetto per i contenuti personali e i tempi del cliente, nonché il tentativo di modellarlo entro i propri schemi sia nel campo dei sentimenti sia in quello delle comunicazioni e del comportamento. 

 

Empatia 

Empatia viene dal greco pathos e indica un sentimento di identificazione e/o comprensione genuina della sofferenza dell'altro. Nella lingua tedesca empatia si traduce con einfuhlung,  che significa "sentire dentro". L’empatia è dunque uno stato di immedesimazione temporanea tra individui, tale da metterci nelle condizioni di poter percepire la sofferenza degli altri, come se la stessimo provando anche noi. E’ per May, uno stato temporaneo di fusione dell’Io dell’operatore con quello del cliente, di profonda comprensione emozionale e affettiva. Rogers, analogamente, la definisce un processo continuo per mezzo del quale il professionista mette da parte il proprio modo di sperimentare e percepire la realtà, preferendo sentire e rispondere alle esperienze e percezioni del cliente. Questa percezione può essere intensa e durevole con il professionista che sperimenta  effettivamente i pensieri e i sentimenti del suo cliente in modo ugualmente forte come se avessero avuto origine in lui. 


Riepilogo delle buone prassi ispirate all’ACP

 

  • La posizione migliore dalla quale valutare il comportamento di un’altra persona è dal suo punto di vista

  • Il cliente (utente) risponde meglio se percepisce il terapeuta o il facilitatore come una persona autentica, genuina, piuttosto come qualcuno nel ruolo di specialista

  • egli deve essere formato a essere congruente e genuino

  • egli deve essere formato a provare sentimenti non giudicanti e accettazione incondizionata nei confronti del cliente

  • egli deve apprendere a sperimentare empatia

 

L’ascolto attivo o empatico 

Le abilità dell’ascolto attivo possono essere riassunte nei seguenti punti: 

 

  • Essere precisi, evitare di generalizzare o banalizzare una situazione importante solo perchè non si sa ascoltare o stare accanto. Ad esempio:

 

Non riesco ancora a dimenticare la perdita di mio padre, è passato del tempo e ancora penso sovente a lui con molta tristezza e peso sul cuore".

 

Una risposta comune è di solito:

  • Tutti stanno male quando muore una persona cara, è semplicemente naturale, pensa a guardare avanti”.

 

Nell'Ascolto Attivo rispondiamo invece senza commentare o impartire istruzioni ma soltanto riflettiamo in altre parole il pensiero del parlante:

 

“Sembra che sia stato davvero doloroso per te perdere tuo padre, al punto che non riesci ancora ad elaborarne pienamente la perdita”.

 

 

● Assumere una postura accogliente, senza eccessive chiusure.

 

● Non mettersi sempre a discutere le idee degli altri, ad esempio:

 

Vorrei andare in un consultorio per parlare con qualcuno di contraccezione

 

Una risposta da Ascolto Attivo sarebbe: 

“Dunque pensi che il posto migliore per ricevere dei consigli sulla contraccezione sia il consultorio.

 

Una risposta comune di solito é:

“Io non andrei in consultorio, la cosa migliore da fare è rivolgerti al tuo medico di base, lui conosce la tua storia medica” .

 

Non è una risposta "sbagliata", è però in intervento nell'autonomia decisionale dell'altra persona e manda il messaggio che quello che ha pensato non sia la cosa giusta. 

 

● Non spingere la persona troppo oltre o troppo in fretta, accettando invece i suoi ritmi.

 

Ad esempio:

"Sono bloccato su quella cosa, ci penso sempre, escogito ogni soluzione, ma poi alla fine non faccio niente".

 

Dire:

“Sembra che tu non possa proprio procedere oltre con questo al momento”.

 

E' una risposta da Ascolto Attivo, non lo sarebbe invece dire:

"Hai trascorso molto tempo a parlare di questo argomento, non pensi sia il caso di deciderti o alla peggio darti per vinto?

 

In questo caso l'ascoltatore interviene per modificare la direzione del discorso e inserisce una spinta motivazionale dall'esterno. Non è sbagliato, ma non sembra essere ciò che è stato chiesto dal parlante. 

 

● Prestare completa attenzione ai segnali verbali e non-verbali (qualità della voce, respiro, espressione del viso)

 

● Sintonizzarsi sovente sulla comunicazione emotiva e non sempre sul contenuto del discorso che ascoltiamo: “vedo un’espressione di tristezza sul tuo volto, è così?”, oppure “accidenti! mi sembri davvero arrabbiato per quello che ti è successo ieri..”

 

● Non fare supposizioni e non fornire interpretazioni: ad esempio:

"Sto passando un periodo difficile, sono giù di corda da quando il capo ha scelto la mia collega per quell'avanzamento di carriera"

 

“Dunque ritieni che quella volta che il tuo capo non ti ha tenuto in considerazione per la promozione, abbia segnato l’inizio di questo brutto periodo”.

Non obiettare:

 

E' una risposta da Ascolto Attivo. 

 

“D’accordo, tu dici che il responsabile è il tuo capo, ma non ti sembra più probabile che si tratta della morte di tua madre, avvenuta lo scorso anno?"

 

E' una risposta interpretativa. Non è sbagliato, ma il parlante non ha richiesto di essere aiutato a leggere dentro di sé. 

 

 

Con questo articolo, mi auguro di aver suscitato sufficiente interesse e attenzione verso la straordinaria disciplina dell'Ascolto Attivo 

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Articolo a cura di Nicola Sensale,  2022. 

Riproduzione parziale o totale del presente articolo ammessa, citando l'autore medesimo. 

 

 

Bibliografia 

R. May, L’arte del Counseling, Astrolabio Ubaldini, 1991

Mearns e Thorne, Counseling centrato sulla persona, Erikson Editore

A. Maslow, Motivazione e personalità, ed. originale del 1954, Armando Editore

C. Rogers, Terapia centrata sul cliente, La Nuova Italia, Firenze 1997 (traduzione da Client Centered Therapy, 1951) 

R. Mucchielli, Apprendere il Counseling, Erikson, 1983. 

 

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