E’ un sentimento trasversale che può essere sperimentato in modi diversi, correlati con diverse circostanze, di cui ne riconosciamo almeno tre:
imbarazzo materiale-corporeo: emozione generata nel contatto o nel tentativo di superamento mal riuscito (maldestro) di cose ingombranti, oppure a causa di scivolate o cadute pubbliche, oppure in situazioni che prevedono il contatto forzato e troppo “prossimo” con altre persone o che più in generale procurano sensazioni fisiche di disagio, paura, invalidità, come ad es. trovarsi in un’ascensore con sconosciuti, entrare in una casa stretta, incrociare persone in strade affollate, salire su di un autobus in ora di punta, trovarsi in una sala d’aspetto, etc.);
imbarazzo cognitivo: caratterizzato dal non sapere come comportarsi o cosa decidere in circostanze nuove o inattese, non saper rispondere o aver timore di sbagliare dinanzi a un superiore, un’autorità (“imbarazzo da esame”);
Imbarazzo emotivo: caratteristico di situazioni sociali in cui non si sa come comportarsi o dove qualcuno si sta comportando in modo “non adeguato”, specie se è una persona di nostra conoscenza. Questo é anche l’imbarazzo che caratterizza gli amanti o quello delle persone che scoprono di piacersi.
L’imbarazzo è un’emozione differente rispetto alla vergogna, in quanto può essere vissuto solo al cospetto di altre persone.
L’imbarazzo possiede una funzione adattiva fondamentale, in quanto promuove azioni di ripiegamento e cautela volte a preservare dagli insuccessi e dalle conseguenze dei medesimi, (perdita di autostima o della propria immagine sociale), come anche protegge dalle intrusioni alla propria sfera privata.
E’ un’emozione che previene pertanto il verificarsi del sentimento della vergogna, percepito come sentimento più difficoltoso e persistente e per questo pericoloso per la propria autostima.
Quindi l’imbarazzo, al pari della timidezza, può essere considerato un’emozione strumento di self-attention, in grado di creare una dinamica di decentramento di una parte di sé che osserva e riflette sull’altra, alle prese in situazioni sociali e relazionali, per aiutarla a disimpegnarsi.
L’imbarazzo e il disagio sono quindi i segnali di un’adeguata conoscenza delle regole sociali e della consapevolezza delle proprie sensazioni corporee.
L’imbarazzo è molto “situazionale” questo significa che non può essere considerato un aspetto caratteriale, bensì uno stato interno che ricorre in particolari e specifici contesti nei quali non si è stati adeguati o qualcuno o qualcosa non lo è stato con noi.
Ci si potrebbe sentire inadeguati a parlare in pubblico e paradossalmente non a giocare a calcio in uno stadio pieno.
In caso di imbarazzo è l’autostima situazionale a essere danneggiata, non il sé globale della persona.
Per non sentirsi in imbarazzo in talune situazioni, come sostiene il sociologo canadese Ervin Goffman (1922-1982), le persone tendono ad esprimere atteggiamenti di circostanza, specie di tipo visuale, da cui il termine da lui chiamato face-work (in italiano “faccia di circostanza”).
Con questo termine Goffman ci fa ben comprendere l’importanza dell’uso dei copioni comportamentali in talune situazioni e il perché alcune persone li indossino in modo eccessivamente formale al punto da appare innaturali o poco distesi in circostanze in cui non sarebbero necessari.
Tuttavia il loro sentimento di imbarazzo sarebbe così forte se non indossassero quell’abito da non poterne fare a meno in qualsiasi situazione sociale, anche la più elementare, tanto da apparire distanzianti (che é in fondo quello che vogliono!, visto che come abbiamo detto prima, l’imbarazzo è anche un sentimento di eccessiva vicinanza corporea con persone che non conosciamo).
L’imbarazzo è un’emozione molto contagiosa, poiché sperimentabile al posto di qualcun altro, sia quando si assiste a comportamenti poco sociali o sconvenienti da parte di qualcuno che non conosciamo, sia quando costui é un amico o membro del proprio gruppo familiare o sociale di riferimento, il quale non si rende conto che si sta comportando in modo sconveniente (imbarazzo vicario).
Vi sono molte strategie per uscire dall’imbarazzo: ridere sulla propria goffaggine, oppure sottolineare l’errore per una volta sola e poi cambiare discorso, ammettere l’imbarazzo (se si è in due o davanti ad un pubblico attento e in grado di comprendere), ascoltare con attenzione gli altri sapendo poi come partecipare alla conversazione, rendere familiare il più possibile una situazione perché la familiarità riduce l’imbarazzo.
L’imbarazzo è dunque frutto dell’incapacità di essere buoni “attori” in specifiche circostanze sociali (imbarazzo drammaturgico); del timore di un giudizio negativo (imbarazzo sociale); del timore di perdere o diminuire la propria autostima (imbarazzo da minaccia all’autostima specifica o situazionale); dell’incapacità di raggiungere gli standard e gli obiettivi personali che ci si è dati (imbarazzo da standard personali prefissi); della coincidenza con la vergogna e il senso di colpa (imbarazzo da comportamento scadente e vergognoso).
Il processo che porta all’imbarazzo è di solito il seguente:
l’essere consapevoli che i nostri comportamenti sono regolati da norme sociali;
l’avvertire la presenza degli altri e il sentire su di sé la loro attenzione;
il trovarsi in situazioni che non ci appartengono, avvertendo le aspettative di riuscita degli altri nei nostri confronti;
avvertire la spinta a conformarsi alle norme;
avvertire il timore di infrangerle;
percepire insicurezza sul riuscire a conformarsi e il timore di “perdere la faccia”.
Un’altra forma di imbarazzo riconosciuto è, come accennato sopra, quello che proviene dall’apertura all’intimità di sentimenti e vicende personali con qualcuno.
Non è un imbarazzo di natura sociale, quanto invece connaturato con la natura umana e con le sue caratteristiche di vulnerabilità.
L’imbarazzo “da amore” si manifesta con i seguenti “sintomi”:
un congelamento del corpo (o al contrario un certo livello di irrequietezza posturale);
il tipico rossore al volto, causato dalla vasodilatazione periferica;
anche la deviazione del volto e l’abbassamento dello sguardo seguito da un accenno di sorriso, sono segni tipici di questa forma di imbarazzo;
risolini, sorrisetti, oppure il portare la mano alla bocca, tossire, coprire gli occhi con le mani fingendo di stropicciarli, grattarsi la testa;
comportamenti di auto-manipolazione, come toccarsi i capelli, giochicchiare con l’orologio, togliersi dei peli “immaginari” dai vestiti, definite azioni riempitive:
altre sensazioni sono il rumoreggiare dello stomaco, a causa delle secrezioni gastriche e un’accentuata secchezza alla bocca, la sudorazione eccessiva nelle mani, fronte, ascelle.
Il rossore, l’abbassamento del capo o il congelamento del corpo in particolare, quando qualcuno é arrabbiato con noi, sembrano avere la funzione di evocare sentimenti più concilianti e comprensivi, allo scopo di “placare” tale rabbia e ristabilire o ricucire una situazione che si era fatta difficile.
In genere l’imbarazzo possiede la fondamentale funzione adottiva di avvisare se stessi e anche gli altri che all’interno di sé sta accadendo qualcosa che potrebbe provocare una perdita del controllo oppure che sono in gioco in quel momento alcuni interessi emotivi molto importanti, che potrebbero coinvolgere l’autostima della persona come pure l’immagine di sé o che fanno percepire minacciato il proprio ruolo sociale.
L’imbarazzo è anche un segnalatore dell’assenza, in una data situazione, di norme per regolare i rapporti.
Vi sono situazioni in cui non esistono che poche norme comportamentali (come stare in più persone in ascensore o in sala d’aspetto).
L’imbarazzo interviene sempre laddove vi è un vuoto legislativo.
Una strategia contro l’imbarazzo consiste nel procurarsi un’attenuante di partenza, mediante la millantazione di un handicap (self-handicapping), che può limitarsi anche al solo affermare di essere particolarmente emozionati, o di possedere una limitazione che non rende possibile una performance adeguata alla situazione: “non sono sicuro di riuscirci….é una cosa che non conosco…non l’ho mai fatto prima…" .
Talvolta l’handicap é inconsciamente e realmente provocato allo scopo di giustificare la riduzione di prestazione, ma ha sovente l’effetto di aumentare il timore di deludere gli altri e le loro aspettative.
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