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Chiara Savoca

Il dualismo mente-corpo nella danzaterapia




Ogni tensione muscolare, ogni postura, ogni gesto racconta qualcosa di noi, spesso a un livello più profondo e primitivo rispetto a quanto potrebbe fare il solo linguaggio verbale. Il percorso tra mente e corpo è bidirezionale: ogni emozione ha un corrispettivo fisico, e ogni sensazione corporea può raccontare qualcosa sul nostro stato d'animo. Il corpo ha una specifica ideazione del nostro accaduto e «pensa attraverso la perturbazione della sua biologia» (Granieri, 2011).


La relazione mente-corpo è stata ampiamente dibattuta nei secoli, oscillando tra visioni dualistiche o monistiche, nel tentativo di comprendere la natura della relazione tra la dimensione psichica e fisica dell’individuo. Cartesio ha postulato l’esistenza di due entità separate: una realtà psichica (res cogitans) e una realtà fisica (res extensa); secondo l’autore, mente e corpo sono due sostanze distinte, ognuna delle quali è regolata da princìpi propri.


Spinoza, invece, ha affermato che mente e corpo sono diversi ma inscindibili: non è la mente a causare ciò che accade nel corpo, e allo stesso modo non è il corpo a causare ciò che accade nella mente; mente e corpo rappresentano rispettivamente l’aspetto interiore (psichico) ed esteriore (fisico) del medesimo stato esistenziale (Simoni, 2017).




Più recentemente, ci si è avvicinati ad un approccio conosciuto come “Embodied Cognitition”, secondo il quale i processi cognitivi sono profondamente radicati nelle interazioni del corpo con il mondo; il corpo riveste un ruolo centrale nel modellare la mente e la coscienza del proprio corpo sta alla base del nostro «essere nel mondo» (Della Gatta, 2017).


Risulta necessario, dunque, decostruire la scissione cartesiana in favore della sinergia tra lo psichico e il somatico. Damasio (1994), a tal proposito, scrive un opera intitolata “L’errore di Cartesio”, dove spiega che per ogni manifestazione emotiva entrano in gioco sistemi regolatori di natura somatica sotto forma di messaggi corporei. I sentimenti sono caratterizzati sia da una dimensione biologico-corporea (lo stimolo sensoriale) sia da una dimensione psichica-mentale (l’emozione interna) (Langer, 1967).


Le sensazioni corporee sono, pertanto, un indizio per comprendere le proprie emozioni: secondo Magda Arnold (1960), una delle più importanti ricercatrici nel campo delle emozioni, queste ultime derivano da una valutazione intuitiva non logica, immediata e preverbale, scaturita dalle sensazioni corporee. Solo in un secondo momento il processo include giudizi razionali e consapevoli. L’emozione, a sua volta, si traduce in un cambiamento corporeo ed eventualmente porta ad una “spinta ad agire”. I feedback corporei sono il ponte che lega la dimensione neurofisiologica e quella valutativo-psicologica dei processi di pensiero.



Le connessioni segno-simbolo, ovvero tra la sensazione corporea e il suo significato, si sedimentano nella memoria implicita, in particolare nella corteccia orbitofrontale destra, permettendo l’apprendimento attraverso l’esperienza (Granieri, 2011). L’individuo, dunque, deposita l’esperienza sia nel corpo che nella mente. Le emozioni represse o i traumi psicologici si traducono somaticamente in blocchi energetici o tensioni croniche nel corpo.


Questi blocchi possono limitare la vitalità e il flusso di energia. Lowen (2013), fondatore della bioenergetica, afferma che «ogni persona è il proprio corpo». L’influenza reciproca tra mente e corpo, che nell’approccio bioenergetico corrisponde al principio di identità funzionale, è tale per cui «nessuno è nulla al di là del corpo vivente in cui ha la propria esistenza e attraverso il quale si esprime e si pone in relazione con il mondo che lo circonda» (Lowen, 2013).


La danzaterapia gioca un ruolo interessante nel superamento del dualismo mente-corpo: considera il corpo non solo come veicolo espressivo e catartico, ma anche come una porta per accedere al proprio mondo interiore. Il corpo si esprime attraverso il movimento e ci offre un rispecchiamento introspettivo, per cui è essenziale dare spazio e voce al corpo, permettendogli di esprimersi liberamente tramite la danza.



L'improvvisazione del movimento introduce il danzatore in uno stato di estasi, ove si lascia trasportare e trascende se stesso, abbandonandosi sia alle emozioni momentanee sia agli impulsi creativi del corpo (Ragia, 2024).


«La possibilità di esprimere attraverso il movimento e, più precisamente attraverso il

movimento danzato, i propri vissuti emotivi attraverso un linguaggio non verbale,

caratterizzato per le sue valenza artistiche, permetterebbe al soggetto di farlo con

più libertà rispetto al contesto quotidiano, senza portare immediatamente un giudizio

o dei sensi di colpa [...]» (Puxeddu, 2010).


Ho recentemente partecipato ad una sessione di danzaterapia focalizzata sull’ascolto dei segnali enterocettivi. Mirella Errico, arteterapeuta e danzaterapeuta, ha spiegato ai partecipanti l’importanza di comprendere i segni e i sintomi provenienti dal proprio corpo, nonostante questi vengano spesso trascurati nella quotidianità. Frequentemente ci focalizziamo sul sentire psicologico e poco su quello corporeo nonostante l’inscindibilità di questi due aspetti.



All’inizio della sessione ci siamo focalizzati sulle sensazioni provenienti dai piedi a contatto con il suolo. Con le ginocchia flesse, abbiamo sentito i diversi punti di appoggio della pianta dei piedi. La conduttrice ha chiesto di immaginare il filo di energia che ci lega al suolo tenendoci saldi al terreno e quello che ci lega verso l’alto protendendoci verso il cielo.


L’origine del filo è il primo chakra, il Muladhara; questo chakra fa riferimento alla stabilità e si trova all’altezza del perineo.


Abbiamo effettuato delle oscillazioni libere sul posto, molleggiando le gambe e focalizzandoci sulla propriocezione. Mantenendo la posizione, abbiamo spostato il focus sulle braccia, sulle spalle e sul collo. Abbiamo ruotato la testa prima verso l’alto e verso il basso, e successivamente verso destra e sinistra, cercando di portare lo sguardo il più lateralmente possibile ed evitando la torsione del dorso.


Successivamente, abbiamo camminato nello spazio senza seguire una precisa direzione. Abbiamo esplorato la stanza camminando a grandi falcate, alzando il ginocchio ad ogni passo. Gradualmente, i movimenti sono diventati più giocosi: abbiamo iniziato a saltellare, accompagnando il ritmo con il movimento delle braccia.


La conduttrice ci ha invitati a occupare tutto lo spazio della stanza, muovendoci secondo le nostre esigenze e sensazioni. Abbiamo ampliato notevolmente i nostri movimenti, inizialmente riempiendo gli spazi vuoti della stanza e poi interagendo in coppia.


La danza era morbida e molti di noi si lasciavano trasportare, volteggiando

con leggerezza e grazia, come se il corpo trovasse la sua voce naturale nel

movimento. Siamo entrati in contatto con il pavimento fino a sdraiarci

completamente, rotolando ed espandendoci sulla superficie.

Una volta in piedi, la conduttrice ci ha suggerito di incontrarci con lo sguardo e poi

con il tocco delle dita delle mani.



Una volta terminata la fase di incontro, abbiamo sperimentato il movimento in

maniera più individuale. Abbiamo danzato seguendo le necessità e la volontà del

nostro corpo mentre le luci erano soffuse e suggestive. La musica era inizialmente

lenta e dolce, successivamente più incalzante e dinamica. Tra un brano e l’altro ci

siamo soffermati sull’enterocezione chiedendoci cosa fosse cambiato in noi.

Questi momenti di pausa erano appositi spazi di ascolto endogeno volti a

comprendere quali parti del corpo stavamo trascurando e quali utilizzavamo

maggiormente per esprimerci.


Per concludere la sessione abbiamo svolto una meditazione dinamica in cerchio,

un’esperienza che ha unito movimento, respiro e introspezione. La conduttrice ci ha

guidati attraverso una sequenza di movimenti e respirazioni. Non era una

meditazione tradizionale fatta di immobilità, ma un processo che combinava il

movimento e la respirazione come strumenti per connettersi con il proprio centro

interiore.


La sequenza prevedeva un passo simile ad un affondo in ogni direzione (dritto,destra, sinistra e indietro), accompagnato da un movimento del braccio, che dalpetto si estendeva verso l’esterno. Questo gesto ampio sembrava simboleggiare una liberazione, come se stessimo lasciando andare qualcosa o condividendo con l’ambiente una parte di noi stessi.


Ogni passo era accompagnato da un’espirazione profonda, che doveva essere eseguita in modo graduale e controllato, producendo

un suono dentale ben definito: così facendo, l’aria veniva espulsa gradualmente,

insieme alle tensioni.


Questa sessione mi ha fornito uno strumento nuovo per comprendere me stessa,

ricordandomi di non cercare sempre risposte al di fuori di me; alcune sono già

presenti, da qualche parte, nei miei gesti, nella mia postura, nel mio respiro.


Ciò che non è ancora stato elaborato dalla mente può essere già manifesto nel corpo.

Lasciare che il corpo si muova in maniera spontanea significa aprire un canale di

comunicazione con il nostro essere più autentico, sovente trascurato.


Questa consapevolezza richiede una notevole abilità che implica sicuramente un profondo

allenamento e una lunga esperienza, peculiare per ognuno di noi.




Il momento in cui la conduttrice ci ha invitati a “occupare tutto lo spazio” è stato, a

mio avviso, il più trasformativo. Ho provato una forte sensazione di libertà, come se

potessi finalmente stare dove desideravo e come desideravo, al contrario di quello

che accade nella quotidianità.


Stare al “proprio posto” è una regola implicita che condiziona il nostro modo di vivere e interagire con gli altri. Durante l’attività ho pensato a “Il posto di ognuno”, il romanzo in cui De Giovanni (2009) scrive: «Tutti mi dicono: stai al posto tuo. Vai al tuo posto. Ma il mio posto, quello vero, non lo sa nessuno. Nemmeno io stesso lo so, qual è il mio posto». Ci viene spesso richiesto di occupare uno spazio prestabilito, di non uscire dai margini, di non essere “troppo”.


Durante l’attività, invece, mi sono permessa di espandermi e riappropriarmi del mio

spazio, a riempire il vuoto intorno a me, non solo con il corpo ma anche con la

mente.


L’espansione del sè prevede una mobilitazione dei propri confini ma non un’invasione di quelli altrui: la propria libertà termina quando inizia quella dell’altro, ed è proprio questo accordo giusnaturalistico a garantire il fondamentale diritto alla vita. Il contratto sociale permette la libera espressione del sè e dell’altro, in termini di “libertà vincolata”: è imprescindibile che ad ognuno sia garantito il proprio spazio di partecipazione, espressione e condivisione, con pari opportunità, simmetria e circolarità.



Questo scambio accogliente e rispettoso è avvenuto dinamicamente attraverso la danza: «La danza è risveglio psicosomatico, poiché attiva il corpo per realizzare la sua

unicità, per sperimentare la sua stessa essenza, la sua stessa forma» (Ragia, 2024).





Bibliografia

Arnold, M. B. (1960). Emotion and Personality. Columbia University Press, New

york.

Damasio, A. (1994), trad. it.: L'errore di Cartesio. Milano: Adelphi, 1995

De Giovanni, M. (2009). Il posto di ognuno. Einaudi.

Della Gatta, F. (2017). Embodiment, sé corporeo e sviluppo della consapevolezza di

sé. Psicologia fenomenologica. Disponibile online

Granieri, A. (2011). Corporeo, affetti e pensiero. Intreccio tra psicoanalisi e

neurobiologia. UTET Università. Torino.

Langer, S. (1967). Mind: An Essay on Human Feeling. Vol. 1, Abridged, The Johns

Hopkins University press Baltimore and London.

Lowen, A. (2013). Bionergetica. Feltrinelli editore. Disponibile online

EN0AgAAQBAJ&oi=fnd&pg=PT3&ots=OLGxypyBAe&sig=-

b4g88ju3aSMDCjaPE5oLPJPepQ&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false

Puxedddu, V. (2010). Corpo e Parola: il processo empatico e la regolazione emotiva

attraverso la DanzaMovimentoTerapia Integrata. Convegno Nazionale APID Roma,

26-28 Marzo 2010. Disponibile online https://www.psychomedia.it/pm-proc/apid-

2010/puxeddu.pdf

Ragia, T. (2024). Dance: The Rhythm of Embodied Openness as transcending

temporal finitude. Psicologia fenomenologica. Disponibile online

as-transcending-temporal-finitude/

Simoni, L. (2017). Libertà e Passioni. Un confronto tra Spinoza e Descartes.

Università di Bologna. Disponibile online

_B_Spinoza_e_R_Descartes

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