Nel contesto sociale e culturale del secolo scorso, nel campo dell’arte e delle artiterapie, vanno a affermarsi tra gli anni ‘20 e gli anni ‘90 danzatrici e artiste come Mary Wigman (1886-1973), Isadora Duncan (1878–1927), Martha Graham (1894–1991) e Ruth Saint-Denis (1877–1968) come esponenti di spicco della modern dance e in quello specifico della danzaterapia studiose come Marian Chace e Trudi Schoop.
In tale fervido contesto dobbiamo collocare anche insegnanti del calibro di Rudolf Laban (sotto in foto) (1879-1958) e della sua allieva e collaboratrice Irmgard Bartenieff (1900–1981), i quali svilupparono metodologie di approccio educativo alla danza e al movimento.
Esaminando le correlazioni fra movimento inteso nella sua accezione strutturale, funzionale ed emotiva, questi precursori fecero in modo che la danza (o il movimento latu sensu) potesse venire considerata alla stregua di una disciplina “scientifica” e non solo più un’arte.
La danza divenne allora un processo creativo volto all’apprendimento, durante il quale il danzatore espressivo (colui che danza e muove il suo corpo con consapevolezza) poteva avere accesso alla comprensione di sé stesso e del suo mondo.
Rudolf Laban fu un danzatore, compositore, coreografo e architetto di origine austriaca, che viaggiò per tutta l’Europa a causa del lavoro del padre (militare di carriera) e poté così assorbire le culture e gli influssi dei vari paesi che si trovò a visitare.
Negli anni venti del 1900 diede vita al cosiddetto Laban Movement Analysis (o notazione Laban o Kinetographie Laban), un sistema complesso di “scrittura della danza”.
Irmgard Bartenieff (sotto in foto) fu sua allieva e integrò successivamente le teorie sul movimento arricchendole con la sua formazione da fisioterapista (1) .
La teoria Laban/Bartenieff offre un vocabolario articolato per l’analisi e la descrizione del movimento ed è un sistema che sviluppa un’interazione fra la funzione del corpo e la sua espressione.
Laban intravedeva una correlazione significativa tra struttura e modalità di movimento del corpo umano e vita interiore dell'individuo, tra rappresentazione attraverso il movimento e comprensione della personalità stessa(2) .
Scriveva Laban: “Forse non è troppo ardito introdurre a questo punto il concetto di “pensare in termini di movimento” in opposizione a “pensare in parole”. Il “pensare in movimento” […] non serve ad orientarsi nel mondo esterno, ma piuttosto perfeziona l’orientamento dell’uomo nel suo mondo interiore, dal quale sorgono continuamente impulsi che cercano uno sbocco nell’agire, nel recitare, nel danzare” (3) .
Attraverso il suo lavoro pionieristico Laban tentò di rispondere ad alcune domande che spontaneamente parevano sorgere non appena si rivolgeva l’attenzione al corpo in movimento ovvero:
Quale parte del mio corpo si muove?
Come si muove?
Dove si muove?
Quale relazione ha il corpo con sé stesso, con gli altri e con l’ambiente?
Il suo vasto e complesso sistema di scrittura della danza sosteneva che tutti questi elementi interagiscono fra di loro e l’uno con l’altro, dando vita a gesti, posizioni e pattern di movimento.
Le quattro domande ivi presentate poggiano sulle quattro aree di base che sono proprie della sua teoria e del suo approccio al movimento ovvero:
CORPO
IMPULSO
SPAZIO
FORMA
Ogni volta dunque che un movimento nasce e si manifesta come gesto visibile, esso non può prescindere dall’esistenza stessa di un corpo che lo abita, di un impulso che lo anima, di uno spazio che lo contiene e di una forma che lo definisce, lo struttura e lo modella.
Vediamo nel dettaglio queste quattro aree di interesse.
L’area di interesse del CORPO parrebbe rispondere a queste domande: “Quale parte del corpo si muove?”, “Da dove inizia il movimento?”, “Come si espande attraverso il corpo?”, poiché sia che si dipinga, sia che si scriva una storia, sia che si suoni, si improvvisi teatralmente, sia che si danzi, il corpo è sempre al centro dell'azione creativa. Danzare ma anche suonare, recitare, scrivere o dipingere, implica l’esistenza e la consapevolezza di un corpo in azione.
L’area di interesse dell’IMPULSO (4), con ciò intendendo un anelito, una tensione interna a muovere il corpo e a rendere visibile il movimento, a sua volta è suddivisa in quattro fattori o qualità di movimento ovvero il peso, il tempo, lo spazio e il flusso.
Ogni volta dunque che avvertiamo un impulso al movimento abbiamo a che fare con queste quattro diverse qualità del movimento -che ogni essere umano combina in maniera diversa ed articolata e che oscillano continuamente tra due poli opposti: da un lato l’indulgenza, ovvero l’abbandono e dall’altro l’opposizione, ovvero la resistenza.
-Il peso non si riferisce alla massa di un corpo, ma ha a che fare con l’energia che investiamo nella nostra azione ed esprime l’impegno del corpo in relazione alla gravità; è associato alla funzione della sensazione. Se in rapporto al peso la nostra attitudine è attiva, si generano movimenti forti e leggeri; se la nostra attitudine è passiva, prenderanno vita movimenti pesanti e molli.
-il tempo si riferisce all’attitudine interna nell’approccio a un’azione, non alla sua durata temporale e dunque si associa alla velocità assunta nel processo decisionale o nel ricorso all’intuizione. In relazione al tempo, il movimento può dunque essere improvviso o urgente e ciò indica la volontà di accelerare o condensare il tempo e questo tipo di movimento tende a essere staccato, isolato, spesso piccolo. Al polo opposto vi è il movimento sostenuto, ampio, globale, legato, che indica la volontà di prolungare l’azione e di farla durare.
- lo spazio non si riferisce alla misura che contiene le cose ma ha che fare con il focus della nostra azione ed in questo caso Laban parla di movimento diretto o indiretto. Il movimento diretto (focus diretto) ha orientamento unidirezionale, è mirato e predilige azioni di flessione ed estensione mentre il movimento indiretto (focus indiretto) manifesta più possibilità di orientamento, cambia in continuazione, è sinuoso e prende in considerazione più punti di vista.
-il flusso è il fattore di base sotteso a tutti gli altri “effort” e dunque è continuamente presente.
Esprime la modulazione tonica muscolare, è come un’energia che fa nascere il movimento.
Laban lo chiama fattore emozionale che varia in funzione dell’interazione con il mondo.
Il flusso libero tende all’abbandono, è fluido e privo di resistenza, con movimenti che dal torso si propagano verso le estremità mentre il flusso legato, o condensato o trattenuto, è controllato, prudente, con movimenti che dall’estremità del corpo vanno verso il centro.
A voler usare un’altra terminologia, sperimentata nel metodo Artes, i movimenti “beat” corrispondono al flusso di tensione legato, mentre i movimenti “flow” corrispondono al flusso di tensione libero.
L’area di interesse dello SPAZIO pare rispondere alle seguenti domande: “dove si muove il mio corpo nello spazio?”, con ciò intendendo lo spazio esterno (General Space, secondo Laban), ovvero quello che che ci contiene e contiene i nostri movimenti.
E ancora: “qual’è la sfera di azione del mio spazio personale?, quella che Laban chiama la cinesfera (5).
E infine “come porto il mio spazio personale nel mondo?”, ovvero l’incontro fra le cinesfere e l’incontro di queste ultime con lo spazio esterno, lo spazio generale.
L’area di interesse della FORMA, infine, ha a che fare con il modo in cui il corpo si modella e si adatta nello spazio.
Le domande collegate al concetto di FORMA paiono essere “Qual è la mia attitudine interna quando assumo una forma o quando cambio la forma del mio corpo?”, “cambio forma per collegarmi agli altri e plasmo attivamente il corpo per interagire con loro?”
I concetti di Laban portati nel metodo Artes delle Arti Terapie Espressive in Italia Poter sperimentare, in maniera graduale e con un approccio non meramente tecnico bensì espressivo (e in armonia con il principio BC/AS), le aree di interesse del CORPO, dell'IMPULSO (e di conseguenza lavorare sul PESO, sul TEMPO, sullo SPAZIO e sul FLUSSO), dello SPAZIO e della FORMA, può contribuire a sviluppare la consapevolezza del proprio atteggiamento corporeo in merito ai diversi fattori che contribuiscono a creare e a dar vita al movimento. Osservare le sottili variazioni degli impulsi al movimento e delle quattro specifiche qualità sopra menzionate, nel momento in cui sperimentiamo noi stessi come “corpo in movimento” nell’ambiente decentrato e sicuro della sessione, significa aprirci ad una miriade di sfumature emotive che possono confluire nel Processo Creativo, andando poi a trovare, in qualche modo e in qualche direzione, la loro forma ultima (6) e aprendo un canale di dialogo tra corpo che si muove ed essenza della persona. E ciò proprio in virtù di quella corrispondenza che Laban individua fra movimento esterno e processi interni e che ben si allinea all’idea portante delle Arti Terapie Espressive, che vede l’arte come strumento di esplorazione e conoscenza del sé personale. Articolo di Francesca Roi, editing Nicola Sensale
Con la sua ricerca Irmgard Bartenieff cominciò a definire e descrivere l’importanza della connessione interna del corpo; su questo si veda I. Bartenieff e D. Lewis, Body Movement coping with the Environment, Gordon Breach, 1980.
Semplice e chiara trattazione sul lavoro di Laban è presente nel già citato M.E. Garcia, M. Plevin, P. Maccagno, Movimento Creativo e danza, Gremese Ed, 2014, pp. 74-81.
R. Laban, L’arte del Movimento, Coop. Ephemeria Editrice, Macerata, 1999.
Il termine che qui usa Laban è effort. Esso è la traduzione dal tedesco antrieb che in italiano indica “l’urgenza del corpo di farsi conoscere”. Mi sembra che il termine tedesco aiuti meglio a comprendere quello che Laban intendeva quando parlava di effort, ovvero l’impulso e l’urgenza del corpo di farsi movimento visibile.
Laban definisce cinesfera, quella porzione di spazio intorno al corpo umano che è possibile raggiungere grazie all’estensione degli arti e della schiena, senza spostarsi dal medesimo punto di appoggio (stance). La cinesfera è dunque lo spazio personale che si sposta insieme al nostro corpo appena ci spostiamo da un piede all’altro, da un peso all’altro, appena ci muoviamo nello spazio e rappresenta la nostra prima area di esplorazione, prima ancora di entrare nello “spazio generale”.
Va detto anche che, nelle Arti Terapie Espressive il concetto di forma assume anche la specifica sfumatura di significato di quel qualcosa che prende vita e si definisce a partire da un informe o poco definito (oggetto parziale), per poi prendere forma o addirittura cristallizzare in un oggetto artistico (emergente) e diventare infine, in sede di analisi estetica, forma di dialogo con il “dentro” del cliente.
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