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Immagine del redattoreNicola Sensale

Comprendere le Arti Terapie Espressive

Questo articolo vuol essere un mio personale contributo alla comprensione delle Arti Terapie Espressive.

 

In esso espongo prima le mie personali riflessioni sull’argomento, successivamente riporto una rassegna dei principali concetti su cui la disciplina stessa si fonda, citando autori come Stephen Levine, Paolo Knill e Natalie Rogers, che ne sono tra i fondatori.


Cosa sono le Arti Terapie Espressive?

Da sempre l’arte è stata utilizzata come sistema di cura e di promozione del benessere.

 

Grandi pittrici come Frida Khalo (foto in basso a destra) o danzatrici del calibro di Trudy Schoop non hanno mai nascosto di utilizzare la propria arte per placare le loro personali angosce, e giocolieri e fantasisti come Miloud Oukili hanno mostrato come il gioco e la creatività, per bambini e adolescenti, possano diventare allo stesso tempo strumento di elaborazione di personali drammi e anche una via per l'inclusione o l'affermazione sociale. ​​

 

Musica, Pittura, Poesia, Story Telling e Story Making, Teatro, Danza, Espressione Corporea possono dunque essere impiegate, con opportuni accorgimenti e metodi, per aiutare le persone ad attivare un processo di auto-esplorazione, guardare dentro se stesse, risolvere problemi e difficoltà e migliorare la propria vita incrementando risorse e potenzialità che sembravano andate perdute o che non erano mai state esplorate prima. 


In foto Trudy Schoop

Le Arti Terapie Espressive, oltre a ben incarnare tale prerogativa, seguono il principio secondo il quale ogni individuo possiede dentro di sé tutte le risorse e le risposte che gli servono per gestire al meglio la propria vita; esse si occupano pertanto di stimolare convenientemente le persone a realizzare i propri progetti esistenziali, aiutandole a riallinearsi con la corrente vitale che le lega a se stesse e al proprio autentico nucleo di verità. 

 

Non curano e basta dunque, ma anche promuovono auto-cura e sviluppo di personali potenzialità, precedentemente e momentaneamente arrestate. 

Dove le parole non possono arrivare o quando la comunicazione diventa difficile, quando le persone non sono abituate a riflettere su di sé o a utilizzare direttamente le proprie capacità di ascolto e auto-espressione, quando tutte queste prerogative sono andate perdute a causa di traumi o blocchi nella personalità, ecco che arte e creatività possono intervenire a ristabilire il contatto con il proprio sé, a migliorare la relazione con gli altri, incrementare le capacità affettive e l'espressione dei sentimenti, condividere ed elaborare traumi e sofferenze.

 

Ciò é basato sulla convinzione, condivisa nella Arti Terapie, che ogni persona, se opportunamente stimolata, sappia rispondere in modo creativo e talvolta risolutivo alle circostanze che sta vivendo nella propria vita e che il simbolismo tipico dell'arte possa attenuare o aiutare a superare il senso del "troppo personale per essere esposto" (Errico, 2017), che molti vivono di fronte all'opportunità di raccontare di sé con le parole. 

Le Arti Terapie Espressive offrono queste possibilità grazie alla loro capacità di promuovere e sostenere i processi vitali, creativi ed energetici dell'individuo, riportandolo in contatto con il potenziale di risorse che non pensava di possedere.



L'arte incrementa le facoltà auto-espressive ovvero aiuta a esprimere caratteristiche vitali come la spontaneità, la creatività, la gioia e l'amore.

 

Il processo espressivo, che si svolge in un contesto non giudicante e non performante e  alla presenza attenta e consapevole dell'arte terapeuta espressivo (se in gruppo anche a quella degli altri partecipanti), consente inoltre di modificare e far evolvere i propri modelli relazionali, secondo il concetto per il quale dei nuovi e frequenti "buoni incontri", modificano implicitamente i precedenti "modi di stare con l'altro " diventati inefficaci (Stern, Sandler, 2005).

 

Il viaggio creativo attraverso le arti consente infine l'esplorazione del proprio universo interiore, attraverso i personali significati che i clienti riescono ad attribuire alle loro produzioni artistiche e le correlazioni con le proprie vicende di vita.

 

Ciò diventa lo strumento per porre ordine e regolazione nel caos interno di affanni o ricordi spiacevoli e portare cura o sollievo ai propri intimi nuclei di sofferenza.


Usare l'arte come cura o come fonte di trasformazione è rassicurante, perché essa non interviene direttamente sulle strutture della personalità e non minaccia l'organizzazione difensiva dell'individuo.

 

Invece di soffermarsi solo e soltanto sulle carenze  e focalizzare sui problemi, le Arti Terapie Espressive si rivolgono invece più direttamente al potenziale di risorse che non sono state contaminate dalla sofferenza.

 

La loro natura prettamente ludica (nelle arti terapie espressive la proposta artistica è sempre offerta come "processo-gioco-esercizio" e mai come "prodotto-performance"), unitamente alla costituzione di un ambiente intersoggettivo non giudicante e in cui si sospende sempre la risposta (battute, opinioni, botta-risposta, consigli, auto-citazioni, etc., sono bandite) e grazie al sostegno agevolante del professionista o del gruppo, permettono alla persona di esprimere ciò che ha dentro di sé, decidendo a che livello situare l'apertura al suo mondo interno e alle sue qualità più genuine, al riparo dell'ambiente simbolico e immaginativo creato dall'uso arteterapico espressivo.  


Intermodalità, bassa competenza tecnica e alta sensibilità allo strumento artistico

Le Arti Terapie Espressive si basano sul principio "bassa competenza-alta sensibilità" (Knill, 2004), questo significa che non occorre possedere particolari abilità artistiche, competenze musicali o teatrali specifiche per praticarla, quanto invece una spontanea sensibilità agli strumenti espressivi, una naturale capacità di ottenere rendimento dalle loro prerogative creative per il raggiungimento del benessere o per la guarigione.

 

L'accessibilità di questa terapia è dunque dovuta al fatto che il focus non è sulle abilità artistiche, ma sul processo creativo.

 

A chi utilizza questa terapia non è richiesta una particolare abilità artistica. Piuttosto è attraverso l'uso dei sensi dell'individuo che l'immaginazione può elaborare, far fiorire e supportare la guarigione.


Le Arti Terapie Espressive inoltre, seguono un orientamento multimodale, basato sul principio che non sia fondamentalmente possibile scindere un'arte dall'altra, mentre le stiamo praticando.

 

Spetta al terapeuta di arti espressive comprendere, secondi criteri di responsabilità estetica, qual è lo strumento espressivo più idoneo nel dato momento e che utilizzo può farne la persona per le sue istanze di cambiamento.

 

Stephen Levine, uno dei più autorevoli esponenti delle Arti Terapie Espressive, ha ben spiegato in molti dei suoi testi e articoli, i principi che si trovano alla base di questo nuovo e creativo approccio “intermodale” alla cura e al benessere della persona.

 

Egli ha anche cercato di risolvere alcuni dei dilemmi o delle apparenti contraddizioni in cui le Arti Terapie Espressive, come altre giovani discipline del resto, si sono trovate mentre stavano cercando di dotarsi di una precisa identità e di costruire i propri autonomi riferimenti teorici e metodologici, pur doverosamente ammettendo di aver comunque beneficiato di alcuni importanti contributi da parte delle scienze psicologiche.


In foto Stephen Levine

Le Arti Terapie Espressive, come ambito separato e specialistico di pratica professionale, hanno difatti vita recente.

 

Levine spiega che le sue recenti origini “si possono far risalire ai primi anni del 1970, quando Shaun McNif, Paolo Knill, Norma Canner e altri hanno fondato il programma di terapia espressiva al Lesley College Graduate School di Cambridge, MA.

 

La filosofia di questo programma ha abbracciato un approccio intermodale o interdisciplinare per le arti terapie, in contrapposizione ai programmi di formazione specializzati in arteterapia allora esistenti”.

 

È questo il primo aspetto che Levine tiene a sottolineare.


Le Arti Terapie Espressive ad approccio intermodale o “polistrumentistico” non sono la somma algebrica dei singoli approcci specializzati nel fare terapia con l’arte, come lo sono in effetti la danzaterapia, arteterapia plastico pittorica e figurativa, la musicoterapia, la dramma-teatro terapia, ma una disciplina “a sé stante”, di recente costituzione, che "piuttosto trova parallelismi con i sistemi tradizionali di guarigione, come lo sciamanesimo (McNiff 1981) e con gli sviluppi filosofici contemporanei, come la fenomenologia, ermeneutica e, più recentemente, il decostruzionismo".

 

Oppure come ha sensibilmente affermato Natalie Rogers, la figlia di Carl, fondatore dell’Approccio Centrato sulla Persona, per descrivere l’uso combinato di più arti nei processi trasformativi da lei definiti “connessione creativa”: “i modelli di arte interagiscono in quello che io chiamo la connessione creativa.

 

Quando ci muoviamo, questo tocca il modo in cui scriviamo o dipingiamo.

 

Quando scriviamo o dipingiamo, questo tocca il modo in cui ci sentiamo e pensiamo.

 

Durante il processo di connessione creativa, una forma d'arte stimola e nutre l'altra, portandoci ad un nucleo interno o essenza che è la nostra energia vitale”.


In foto Shaun McNif, Natalie Rogers e Paolo Knill

Levine fa notare le difficoltà insite in un approccio multimodale alle Arti Terapie, poiché la costellazione dei riferimenti teorici o dei metodi si fa ampia e non sempre appare facile giungere a una definizione univoca, tanto da concludere che è proprio nella natura di tale approccio il saper mettere assieme più cornici e prospettive:

 

“la crescita delle arti terapia espressive negli ultimi 20 anni si é tradotto  nella sua formazione come campo separato e indipendente. Si spera che siano passati i tempi in cui gli specialisti in arteterapia dovevano sfidare la possibilità dell’esistenza stessa di un approccio intermodale. Allo stesso tempo, la creazione di questo campo richiede a chi la pratica di comprenderne la sua specificità e la sua interrelazione con le altre modalità, così come vanno compresi gli principi teorici che ne sono alla base. In primo luogo, la definizione del campo deve essere chiarita. In una certa misura, sentiamo che le arti terapie espressive non avranno mai una modalità operativa chiaramente definita. Come tutte le pratiche interdisciplinari, non può essere limitato a un singolo quadro di riferimento. La sua natura interdisciplinare richiede la capacità di mettere insieme le prospettive e le pratiche più disparate, senza privilegiare in specifico nessuna di esse".


La Responsabilità Estetica

Ciononostante, Levine intravede alcuni principi che sembrano sostanziare lo statuto epistemologico di tale disciplina.

 

Innanzitutto quella della "responsabilità estetica" (Knill, Barba e Fuchs 1995), criterio che implica la capacità del terapeuta di utilizzare sempre i più appropriati strumenti espressivi, per gli scopi terapeutici prefissati e in relazione alle specifiche esigenze e abilità del cliente: Il terapeuta di arti espressive durante l’incontro deve quindi essere pronto a lavorare con il suono, l’immagine, il movimento, la recitazione e il testo, in relazione alle esperienze vissute dal cliente.

 

Levine incoraggia alla pratica intermodale anche attraverso altre considerazioni, sostenendo che la specializzazione in una singola arte espressiva non è sempre necessaria, poiché è bene anche dare importanza alla versatilità dell’offerta e delle possibilità: "naturalmente, i terapisti di arti espressive non possono pretendere di essere specialisti in ogni disciplina artistica, anche se alcuni di loro, in realtà, hanno più competenze. Quello che possono pretendere, tuttavia, è di essere specialisti in intermodalità; cioè, essere in grado di cogliere le circostanze in cui una modalità di espressione artistica deve cedere il passo, o essere integrata con un’altra".


Qui Levine si collega direttamente al termine tecnico coniato da Paolo Knill, capostipite della disciplina in oggetto, ovvero quello di “intermodal transfer”, l’atto del passare direttamente da una modalità artistica all’altra, anche durante la stessa sessione di lavoro.

 

Ed é questo passaggio teorico che consente a Levine di introdurre un altro principio cardine dell’impianto di pensiero delle Arti Terapie Espressive, ovvero il concetto “alta sensibilità-bassa competenza (bassa idoneità)” formulato da Paolo Knill.

 

Nella mia pratica professionale spontanea con le Arti Terapie Espressive, ovvero quando non sapevo bene che “mescolare” assieme forme teatrali, giochi interattivi, passi di danza o di espressione corporea nell’esercitare in gruppi di terapia, potesse rientrare in questa configurazione e trovasse rispondenza in precisi riferimenti teorico-metodologici da altri già sviluppati, mi ero sempre chiesto se ciò che facevo avesse un senso, un rigore, una caratteristica che potessi definire “professionale”.

 

Ho scoperto che vi era un’interna coerenza quando mi sono imbattuto nel concetto “alta sensibilità-bassa competenza”, così espresso da Levine: “questa sensibilità alle specifiche esigenze creative del momento [a prescindere dalla personale formazione artistica], è uno degli obiettivi specifici della formazione in questo campo, a volte espresso dalla frase bassa abilità, alta sensibilità”.


Non occorre dunque secondo Levine e la stessa Natalie Rogers essere artisti per attivare un processo creativo con finalità di trasformazione e guarigione: occorre per lo più avere la sensibilità per mettere chiunque, anche provvisto di “basse competenze artistiche”, in grado di utilizzarlo per tale fine.

 

E occorre possedere come terapeuti il senso della “responsabilità estetica” verso le persone che vengono seguite, ovvero la coscienza che lo strumento espressivo proposto sia non solo “alla loro portata”, ma sia anche quello corrispondente ai suoi bisogni evolutivi, rispettando inoltre il suo modo di procedere e non le intenzioni del terapeuta.

 

Il concetto alta sensibilità-bassa competenza sta dunque ad indicare l’enfasi sull’arte non come un percorso verso il fine estetico, oppure verso una godibilità visiva o sonora o la perfezione coreografica, ma come strumento espressivo altamente sensibile nella direzione della scoperta di sé.

 

Magistrali le parole di Natalie e proposito: “non è la creazione di un'immagine "carina". Non è una danza pronta per il palcoscenico. Non è un poema scritto e riscritto alla perfezione. Le arti espressive concernono l’uso emotivo e gli aspetti intuitivi di noi stessi in vari mezzi. Usare le arti in maniera espressiva significa andare nei nostri regni interiori a scoprire sensazioni ed esprimerle attraverso l'arte visiva, il movimento, il suono, la scrittura, o il teatro”.


L'Immaginazione come facoltà intermodale

Per dare forza al concetto di intermodalità, Levine introduce alcune riflessioni teoriche concernenti il potere dell'immaginazione, risorsa creativa multisensoriale e trasversale a qualsiasi forma di arte:

 

“allo stesso modo, l’immaginazione si esprime in una molteplicità di forme. Che sia attraverso la fantasia, il sogno o l’opera d'arte, l'immaginazione è in grado di utilizzare ogni modalità sensoriale per la creazione di nuovi significati. L'immaginazione è intermodale nella sua stessa essenza. Questa capacità umana fondamentale, che i greci chiamavano, 'poiesis', "ovvero il creare dal nulla", è garanzia del fatto che le varie modalità di espressione artistica hanno un'origine comune. Infatti, nel corso della storia umana, sia nei rituali di guarigione che nelle rappresentazioni drammatiche, le arti sono state prima di tutto impiegate in modo interdisciplinare. E' solo in tempi molto recenti, che la specializzazione nelle singole arti è stata codificata come la forma più adeguata per l'espressione creativa. Più di recente, naturalmente, la divisione delle arti data per assodata, è venuta meno con l’emergere di performance artistiche, dei film e della televisione, che sono pienamente intermodali”.

Tornando sulla “querelle” relativa alla multiformità dei riferimenti teorici e metodologici delle Arti Terapie Espressive, Levine sostiene che forse non è ancora questo il momento per arrivare a una teoria unificata, data la vastità dei modelli

applicativi:

 

"la difficoltà di stabilire una definizione univoca per la pratica dell’arteterapia espressiva, è il riflesso dei molteplici modelli teorici che sono stati adottati dai professionisti. Una questione fondamentale per i terapeuti arti espressive consiste nella possibilità e nella convenienza di un unico quadro teorico. Dovrebbe esistere un’unica teoria dell'arte terapia espressiva o le basi teoriche di questo campo non possono che essere molteplici così come le sue modalità operative? Uno dei principali problemi impliciti in questa domanda è la rilevanza della teoria psicologica. Le Arti Terapie Espressive dovrebbero guardare ai punti di vista stabiliti dalla psicologia e dalle psicoterapie o dovrebbe cercare di sviluppare una sua propria prospettiva?

Un esame dei contenuti di questo volume mostra che esiste una varietà di posizioni su questa questione, che vanno dalla dipendenza da un particolare contesto psicologico, come la teoria delle relazioni oggettuali o l’approccio centrato sulla persona, al tentativo di definire una specifica teoria basata sulle arti. In parte, questo problema troverà una risposta negli studi futuri. Si tratta di uno dei più frequenti argomenti delle tesi di laurea e della formazione post-laurea in questo campo per incoraggiare gli studenti e gli insegnanti a sviluppare un punto di vista che faccia giustizia a entrambe le dimensioni, artistiche e terapeutiche, del nostro lavoro. In questa fase vorremmo restare aperti a una molteplicità di prospettive sia pratiche che teoriche".



Ed è anche così che Levine spiega l’impiego dell’immaginazione quale risorsa utile al superamento gli ostacoli che la persona si è posta da sola  e che impediscono l'avanzamento, la crescita e l'evoluzione:

 

“nella relazione terapeutica, noi cerchiamo di aiutare un’altra persona a cercare le possibilità presenti nel suo modo di essere, anche quando essa non possa vederle o metterle in atto da se stessa. Noi lo facciamo avvalendoci  del mondo alternativo dell’immaginazione: aiutando la persona a fare un passo oltre il ristretto mondo della sua esperienza per aprirsi a ciò che può arrivare (...)".

 

Levine fa comprendere  inoltre quanto sia importante concedersi allo sviluppo della propria creatività e dei propri processi immaginativi,  anche fuori della stanza di arte terapia espressiva:

 

“se posseggo un senso della mia capacità creativa nello spazio terapeutico, io posso più facilmente diventare consapevole di ciò nella mia esistenza quotidiana, nel mio lavoro e nelle mie relazioni”


Nei suoi numerosi articoli e testi Levine sostiene anche l’importanza della responsabilità di colui che si pone come guida per il cliente:

 

“come terapeuta, io ho il dovere di essere lì per il cliente, non imponendo la mia percezione di ciò che sarebbe meglio per lui, ma facilitando la sua abilità nel cogliere una nuova concezione della sua vita” e inoltre poiché vede nella società il "luogo degli ostacoli", sostiene che l’incoraggiamento a creare un nuovo mondo e un nuovo sé riguardi anche l’ambiente culturale stesso:

 

“questo è vero non solo per l’individuo bensì anche per il gruppo sociale. Quando una società blocca le sue capacità creative, colpisce le persone direttamente. Routine prive di senso e adesione alle regole che sono sperimentare come non appartenenti a sé, caratterizzano la vita quotidiana. Non esiste un'altra cosa come l'immaginario sociale, ovvero come la capacità di una società di immaginare le possibilità che le spettano per una vita più creativa per tutti. Quindi é possibile portare l’approccio delle Arti Terapie Espressive in una sfera sociale più ampia, per lavorare nella direzione di un cambiamento sociale che creerà un mondo in cui ognuno sia in grado di vivere più pienamente, accedendo al proprio personale potenziale creativo".


E infine Levine parla del coraggio terapeutico, che diversamente definirei l’onestà e la consapevolezza dei mezzi reali del terapeuta, nell’affrontare le sfide del percorso; è qui che il coraggio di creare entra in gioco:

 

"ci vuole coraggio per andare verso un territorio sconosciuto, guidati solo dalla nostra fiducia che insieme in qualche modo troveremo una via per attraversarlo. Questa fiducia è basata sulla nostra propria esperienza di “apripista” (pionieri). A meno che non abbiamo fronteggiato l’abisso noi stessi e trovato il coraggio di andare avanti, non possiamo infatti presumere di servire da guida per gli altri (...). Questa abilità non è basata su di un preesistente bagaglio teorico, che sia psicologico o sociale, ma sulla nostra propria capacità di creare di fronte al vuoto. Noi siamo passati attraverso il deserto per primi e abbiamo appreso che possiamo sopravvivere e trovare nuovi sentieri per andare avanti”.

 

 

Termina qui questa breve rassegna che non ha la pretesa di essere esaustiva, bensì solo l'obiettivo di introdurre a uno dei più affascinanti argomenti in cui mi sono recentemente imbattuto nella mia pratica professionale. 

Shaun McNiff è professore presso la Lesley University di Cambridge, Massachusetts, dove ha istituito il programma Advanced Graduate Studies in Creativity, Imagination, and Leadership. E’ una figura internazionalmente riconosciuta nell’ambito della valorizzazione della creatività. Ha ricoperto diversi ruoli di responsabilità durante i quali ha esplorato l'integrazione della creatività nella vita della comunità. McNiff è stato premiato per i suoi contributi pionieristici al campo dell’arte terapia creativa. Nel 1997 gli è stato conferito il Premio di Membro Onorario a Vita dell’American Art Therapy Association.

 

Margo Fuchs-Knill è il decano del Programma di Master, Divisione delle Arti, della Health and Society at EGS e una ex assistente docente alla Lesley University, Cambridge, MA. E’ un pioniere nel campo della poesia e delle arti espressive e ha pubblicato diversi libri di poesia, tra cui To Day: Poems and Poetics, Seasoning Life and, with Sally Atkins, And When We Speak.     

 

Paolo J. Knill  è il fondatore e il Presidente dell’European Graduate School e professore emerito della Lesley University, Cam- bridge, MA. E’ un pioniere nel campo delle arti espressive e ha avviato la Rete Internazionale dei centri di formazione in  Arti Terapie Espressive. Ha scritto molti libri sull’argomento tra cui Minstrels of Soul: Intermodal Expressive Therapy, and is the co-author of Principles and Practice of Expressive Arts Therapy: Toward a Therapeutic Aesthetics

 

Stephen  K.  Levine è professore emerito alla York University (Toronto), vice-rettore e decano del Programma di Dottorato in Arti Espressive presso la European Graduate School (Svizzera) e condirettore di ISIS-Canada. E' stato uno dei co-fondatori di IEATA. I suoi interessi artistici includono la poesia, la voce, e il teatro, in particolare il  clown. Stephen Levine co-insegna Arti Terapie Espressive ad approccio intermodale.

 

Natalie Rogers (1928-2015), figlia di Carl Rogers, il padre del counseling e dell'Approccio Centrato sulla Persona, Dottorato di Ricerca, accreditata come terapeuta in arti espressive REAT (Registration as an Expressive Arts Therapist), è stata un pioniere nelle Arti Terapie Espressive, leader in corsi di formazione in Europa, Russia, America Latina, Giappone e gli Stati Uniti,  formata come psicoterapeuta. La sua missione personale è stata quello di facilitare la guarigione personale e planetaria incorporando le arti espressive nel lavoro interculturale. Natalie è autrice di diversi libri e numerosi articoli di riviste.

 

Bibliografia

Integrating the Arts in Therapy: History, Theory, And Practice,  di Shaun McNiff, 2009, Charles Thomas Publisher

What  is  Expressive  Arts  Therapy?  A  personal  statement  by  Stephen  K.  Levine        

I Fondamenti delle Arti Terapie Espressive, Prospettive Teoriche e cliniche di Stephen K. Levine ed Ellen G. Levine (originale inglese: Foundations of Expressive Arts Therapy: Theoretical and Clinical Perspectives, Jessica Kingsley Publishers , 1998)

Responsabilità Estetica nelle Arti Terapie Espressive, Pensieri sulla Bellezza, Responsabilità, e sul Nuovo nell’Educazione alle Arti Espressive Professionali, Margo Fuchs-Knill and Paolo Knill 2015 (Originale inglese: Aesthetic Responsibility in Expressive Arts Thoughts on Beauty, Responsibility and the New in the Education of Expressive Arts ProfessionalsMargo Fuchs-Knill and Paolo Knil)

The Path to Wholeness: Person-Centered Expressive Arts Therapy, Il Sentiero verso la pienezza-Arti Terapie Espressive Centrate sulla Persona, Natalie Rogers da The Creative Connection: Expressive Arts as Healing.

 

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