Nel lavoro terapeutico orientato alle risorse si ritiene che siano i clienti ad essere gli esperti delle situazioni problematiche su cui si stanno consultando.
Ma allora, qual è il ruolo svolto dell'agente di cambiamento in un progetto artistico che sia indirizzato al gruppo?
Una risposta piuttosto semplice direbbe che la sua è una competenza quale promotore del cambiamento orientato alle risorse, tuttavia, quando consideriamo che il risultato del lavoro artistico di gruppo è quello di mettere in moto un “processo di guarigione”(1), allora diventiamo consapevoli di quante importanti competenze necessiti il conduttore per guidare un tale processo verso un risultato considerabile soddisfacente.
É il successo nel costruire uno spazio alternativo, come quello del decentramento attraverso le arti(2), a mettere in luce quelle che prima erano risorse solo nascoste. Parliamo dunque di responsabilità estetica(3) del conduttore, principio che deve diventare anche una linea guida per gli interventi durante l’attività artistica.
Il conduttore, durante l’attività, dovrebbe dedicare la massima attenzione alla percezioni sensoriali e fornire dei rimandi che rendano possibile la piena consapevolezza di ciò che sta accadendo: “ascoltate il rumore dei vostri passi e percepite la pressione sulle piante dei vostri piedi e come questa pressione vi sollevi passo dopo passo in una sorta di pulsazione..”.
Il conduttore deve saper usare (deve essere in grado di usare) il principio “bassa competenza - alta sensibilità” per stimolare i clienti e fornire riscontri critici benché costruttivi, sempre in maniera da facilitare l’emersione del lavoro creativo e il riconoscimento dello stesso da parte loro.
Le seguenti indicazioni possono essere d’aiuto:
•Guidate sempre il cliente verso un’apertura al benessere.
•Intervenite in maniera analoga, ovvero con la stessa attenzione al benessere del cliente, nel processo artistico, direttamente e sul momento, prestando al contempo attenzione a ciò che sta emergendo.Siate pertanto vigili verso ciò che che sta concretamente avvenendo in superficie, nella forma che il processo sta prendendo e in quello che si sta sviluppando. Fate comprendere ai clienti quando intravedete la possibilità di un’apertura ad una nuova gamma di giochi e non tentate di risolvere i problemi che si stanno presentando, altrimenti vi troverete voi stessi in una sorta di ginepraio.
• Strutturate sempre una cornice temporale e spaziale, un tipo di set che sia per i clienti incoraggiante e che diventi uno spazio per cogliere delle opportunità. In questo modo, un atteggiamento di curiosità nel cliente farà da stimolo al gioco esplorativo. Siate consapevoli che la sfida deve essere alla portata di tutti: il materiale artistico e le conseguenti possibilità di un suo modellamento devono essere circoscritte in modo ottimale, così che la curiosità del cliente possa ancora trovare interessante la gamma di giochi proposta e sostenere il lavoro che sta emergendo.
• Questa raccomandazione può essere ricordata grazie all’acronimo “less is M.O.R.E” (il poco è molto), che sta per materiali (Material) facilmente maneggiabili, organizzazione esecutiva (Organization) semplice, cornice ben vincolata (Restricted) e consegne semplici e chiare per una giocosa esplorazione (Exploration).
• Come sostenuto prima, è importante dare ai partecipanti la sensazione di godimento e riuscita estetica, che scaturiscono più dalla sensibilità verso il lavoro che sta emergendo nel processo creativo, che da virtuosismi legati alle capacità manuali e artistiche. Questo è ciò che vogliamo ottenere seguendo il principio “bassa competenza - alta sensibilità”.
È d'aiuto iniziare con attività artistiche inventate al momento, che siano più familiari per il gruppo e da lì risvegliare la curiosità dei partecipanti per forme artistiche più stimolanti.
• Quando i clienti lavorano con le arti dello spettacolo [teatro, recitazione, storytelling N.d.T.], forniamo loro brevi intervalli di tempo perché abbozzino un canovaccio improvvisato che vada nella direzione dell’opera che dovrà emergere. Prendiamo a prestito questo principio dal jazz e dal rhythm and blues. Chiamiamo riprese (takes) le varie e consecutive improvvisazioni che dovranno portare verso una possibile forma finale.
Fra una ripresa e l’altra, i feedback (valutazioni) su ciò che sta funzionando e cosa no e su quali diverse aperture si possono ancora ipotizzare, ci permettono infine di riconoscere la forma artistica che nel processo creativo sta cercando di emergere.(5)
• Il linguaggio che usiamo dovrebbe sempre essere “SSP”, cioè Semplice, Specifico e Particolare.
Dovrebbe essere: a) semplice nella maniera in cui formuliamo le consegne, b) specifico nel modo in cui nominiamo l’attività (la tecnica, lo strumento) impiegata per il lavoro che condurrà verso una qualche forma o la cosa (ciò) che sta di volta in volta emergendo e c) particolarmente adeguato alla persona cui è rivolto.
Come sempre rimaniamo sulla superficie di ciò che ha bisogno di essere trattato ed evitiamo le generalizzazioni.(6)
• Trovo anche utile stare vicino ai partecipanti mentre lavorano e essere presente anche fisicamente, a volte esponendo le mie precisazioni o suggerimenti, e mi sembra utile anche trovare il giusto ritmo nel parlare, quando guido un movimento. Questa pratica aiuta, inoltre, a trovare le parole giuste per le consegne, usando un mio linguaggio che attingo dalla mia consapevolezza senso-motoria, piuttosto che da una presa di posizione astratta e strategicamente pianificata.
• Non perdersi in lunghe discussioni fra le varie “riprese” tra un momento creativo e l’altro. I gruppi si disconnettono dalla loro spinta interattiva a creare e potrebbero scivolare di nuovo nei loro comportamenti non adeguati di tutti i giorni. È auspicabile, come conduttori, prendere rapide decisioni al momento di scegliere tra i vari suggerimenti che sono venuti fuori, dopo un veloce riscontro con il gruppo, concordando di provare le altre strade ad una successiva ripresa, e vedere in seguito come andare avanti. L’arte si manifesta in quegli atti volti a costruire una forma, non nella discussione sulla medesima.(7)
LA CURIOSITÀ FA DA STIMOLO AL GIOCO ESPLORATIVO
• Le forze presenti nel lavoro di improvvisazione e che spronano i clienti a un'esplorazione giocosa, sono mosse dalla curiosità. E’ la curiosità che aiuta a costruire forme e strutture di natura sorprendente all’interno della gamma di gioco. E’ come se la sorpresa e la curiosità si alimentassero a vicenda.
Tuttavia, esiste un’altra forza che spinge a desiderare di trovare nuove forme o strutture sorprendenti.
Questa forza è la soddisfazione ed è funzionale a ciò che si sta facendo; è ciò che ci spinge a ripetere una “trovata” nell’improvvisazione per padroneggiarla e portarla al massimo dello splendore.
Essa ci prepara anche per riscontri e critiche costruttive, durante l’attività di valutazione.
Mantenere l’equilibrio fra la curiosità e la soddisfazione funzionale è uno dei compiti del condurre un processo creativo di gruppo.
• Un processo artistico può andare avanti solo quando siamo consapevoli che ad essere messo in gioco è il nostro comune modi di fare, ma, soprattutto, è il nostro entusiasmo che deve innescare il processo.
Possiamo mantenere vivo il nostro entusiasmo se noi stessi rimaniamo curiosi e solleciti verso ciò che sta sorprendentemente emergendo momento per momento nel processo creativo.
Il conduttore deve, per così dire, solleticare il gruppo nei suoi desideri di bellezza o speranza riguardo al lavoro artistico.
Non dimentichiamoci però che non possiamo limitarci ad avere speranza: la dobbiamo anche creare.
Note all’articolo di Ellen G. Levine e Stephen K. Levine, di Chiara Mozzone e Nicola Sensale.
Note:
1) Il processo di guarigione qui citato non è da intendersi come un percorso di cura in senso stretto, quanto piuttosto è riferibile ai miglioramenti che l’attivazione dei processi creativi apporta alla vita delle persone. Il lavoro attraverso l’arte rafforza la capacità di introspezione, aiuta ad entrare in contatto con il corpo e sostiene le potenzialità relazionali. E’ dunque possibile considerare i processi evolutivi scaturiti dal lavoro con l’arte come la guarigione stessa.
2) Per decentramento nelle Arti Terapie Espressive si intende la rottura degli abituali schemi di pensiero e di comportamento attraverso la proposta da parte del conduttore di giochi, rituali
e sollecitazioni immaginifiche. Talerottura aiuta il partecipante ad accedere alle proprie risorse interne e alle proprie possibilità creative. É un tuffo nel mondo alternativo dell'immaginazione, uno stadio di semi-realtà, nel quale le preoccupazioni di ordine quotidiano lasciano il passo a sentimenti di stupore e spontaneità, indispensabili a sostenere il cliente nella sua apertura e disponibilità ad accogliere il nuovo che emerge durante il processo creativo. La stessa immersione “totale” del cliente é definita come una forma di decentramento o momentaneo distanziamento da tutto quanto lo circonda (o lo attanaglia) nel suo presente.
3) Per responsabilità estetica Paolo Knill intende la capacità del conduttore di adeguare le proprie proposte alle necessità e alle esigenze del cliente, seguendo il principio cardine di “bassa competenza – alta sensibilità”(non occorre possedere capacità tecnica, quanto piuttosto sentirsi a proprio agio con un tipo di espressione artistica o riconoscerne le potenzialità benefiche all'interno del percorso di crescita). L'intento è quello di evitare che il partecipante viva sentimenti bloccanti, come frustrazione o senso di inadeguatezza, che possono scaturire da consegne (o da tecniche) troppo pretenziose o poco attente alle reali necessità di chi si sta mettendo in gioco in quel momento. L'obiettivo, infatti, del lavoro attraverso le artiterapie espressive non è quello di raggiungere un determinato risultato artistico, bensì quello di vivere pienamente il processo creativo. Il conduttore stesso è chiamato a preservare questa peculiarità ed è in questo compito che si esprime la responsabilità estetica di cui è investito.
4) Con il principio bassa competenza/ alta sensibilità nelle Arti Terapie Espressive si vuole affermare che l’accento nel lavoro creativo e artistico non è posto sulla “bellezza dell'arte visiva, la grammatica e lo stile della scrittura o il flusso armonico della canzone. Usiamo le arti per lasciarci andare, per esprimere e liberarci" (Natalie Rogers)
5) Qui gli autori trattano il ben noto tema del se si deve o non si deve interrompere una sessione di lavoro con le arti del teatro mentre si sta svolgendo e se la cavano suggerendo di lavorare a brevi intervalli di tempo, per valutare “a stati di avanzamento”, il lavoro che sta emergendo, per operare continui “reset”(aperture) nel tentativo di fornire spunti per la formazione dell’opera.
6) Qui gli autori si riferiscono probabilmente al fatto di non cercare, mentre la sessione si svolge, significati latenti nel lavoro che sta emergendo nel processo del cliente come si sta manifestando, ma di rimanere alla superficie di ciò che ha bisogno di essere affrontato, evitando facili conclusioni o generalizzazioni di natura interpretativa.
7)Nuovamente qui gli autori, benché non facciano riferimento preciso con nessuna delle 5 arti, si soffermano a commentare l’importanza dei momenti di valutazione tra una piccola performance e l’altra e di come sia necessario che essi non si trasformino in un dibattito che attivi gli abituali meccanismi difensivi dei partecipanti e spenga le spinte a creare dei partecipanti.
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