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I fattori terapeutici del gruppo. Cosa dice Irvin Yalom?

Immagine del redattore: Nicola SensaleNicola Sensale


Uno studio approfondito e sistematico dei fattori terapeutici “spontanei” in gruppo é stato compiuto dallo psicologo statunitense ancora vivente Irvin Yalom (sopra in foto) (1931).

 

La questione si inserisce diritto nella querelle se a creare cambiamento in gruppo sono le specifiche tecniche terapeutiche impiegate o il fatto di ritrovarsi in un clima accettante, sicuro, dove vivere e godere di buone relazioni, argomento dibattuto da tempo tra i ricercatori.

 

Il “verdetto del dodo” (dodo bird verdict), termine ideato da Saul Rosenzweig (sotto in foto) nel 1936, è la teoria secondo la quale tutti i tipi di terapia sono ugualmente efficaci, essendo l’efficacia del trattamento dovuta non agli specifici metodi usati dal terapeuta, ma a qualcosa di molto generale che tutte le terapie hanno in comune: ad esempio il conforto derivato dall’avere qualcuno con cui parlare dei propri problemi.

 

Come nel lavoro individuale dunque, anche nel contesto collettivo, dobbiamo dare atto al gruppo stesso di  essere deputato a porsi come fattore di cambiamento, agente terapeutico.

 

Come una pessima conduzione (leadership collusiva) rischia di promuovere o incoraggiare il sorgere nel gruppo proprio degli atteggiamenti difensivi che si era prefissa di modificare, una buona conduzione (leadership evolutiva) combina l'efficacia della tecnica di lavoro proposta con la garanzia di salvaguardia del metodo e della sicurezza del gruppo, fino a promuovere l'insorgere di quei fattori e valori che le persone sono in grado di costruire quando sanno come si fa a stare insieme.


Irvin Yalom ha categorizzato nel modo seguente questi fattori e valori, definendoli  come fattori terapeutici di gruppo:

 

1) Infusione della speranza: rappresenta un elemento terapeutico di per se stesso, come dimostrano i risultati delle guarigioni di fede e l’effetto-placebo; tende a legare il partecipante a un percorso terapeutico o espressivo perché lo porta a ritenere che in uno spazio sicuro, gestito da una persona esperta e rassicurante potrà trovare qualcosa di quello che sta cercando da tempo;

 

2) Universalità: consiste nella consapevolezza di non essere i soli a provare determinate paure o sperimentare particolari disagi.

 

Fornisce la possibilità di mettere in condivisione i propri problemi, sottraendosi all’isolamento che il disagio sovente provoca; un’altra forma di universalità che si manifesta in gruppo e la risonanza, ovvero il fatto che il vissuto di un partecipante vada a toccare corde personali in altri del gruppo, provocando quel fenomeno di partecipazione empatica, visibilità e riconoscibilità che é benefico alla persona che il quel momento lo sta vivendo (ti capisco, so di cosa stai parlando, é successo anche a me...)


3) Informazione: riguarda sia la possibilità di ricevere particolari istruzioni comportamentali o spiegazioni da parte del conduttore sulla natura delle proprie dinamiche interne, sia consigli e confronti dagli altri membri del gruppo, importanti non solo per il loro contenuto in sé ma anche perché coinvolgono tutti i partecipanti in un processo di mutuo-aiuto;

 

4) Altruismo: l’essere nel gruppo anche per gli altri, procura benefici effetti sull’autostima dei partecipanti e nutra la fiducia nelle propria capacità di essere utili e importanti per altre persone, contrapponendosi alle immagini negative o svalutanti su se stessi;

 


5) Ricapitolazione correttiva del gruppo primario familiare: il gruppo diventa il luogo nel quale “portare” la propria storia familiare, sia per effetto dei fenomeni transferali (gli altri del gruppo diventano o ricordano “qualcuno della propria famiglia”), sia perché i partecipanti rivedono le proprie modalità relazionali acquisite nel periodo della vita passata in famiglia, apprendendo delle nuove forme di essere e di stare in relazione con singoli significativi e gruppi, incluso il gruppo familiare di appartenenza, che quello ricreato in una nuova famiglia;

 

6) Tecniche di socializzazione: come sopra, per effetti dei rimandi e delle informazioni a specchio ricevute dagli altri del gruppo, in reazione ai propri comportamenti, il gruppo fornisce ai singoli partecipanti la possibilità di riflettere su di sé, conoscere e gestire in modo più efficace il proprio modo di stare con gli altri;

 



7) Comportamento imitativo: ci si riferisce al fenomeno dell’apprendimento di nuove modalità comportamentali, stili di pensiero e di regolazione affettiva, per effetto della contemplazione del comportamento degli altri membri del gruppo, fino ad assimilarli più o meno coscientemente. Questo fenomeno, detto anche di influenzamento terapeutico positivo, porta alla scoperta, tramite paragone e confronto, di ciò che non si è, di ciò che non si vorrebbe essere e di ciò che si è nel momento attuale;

 

8) Apprendimento interpersonale: corrisponde alla possibilità di apprendere qualcosa di sé e delle proprie dinamiche profonde sulla base della dimensione transferale che si mette in atto con il conduttore del gruppo o con gli altri partecipanti al medesimo;



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Nicola Sensale Psicologo e Psicoterapeuta

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