Per scrivere questo articolo, in questo particolare e difficile periodo di pandemia che tutti stiamo attraversando e che coinvolge il mondo intero, prendo come muse ispiratrici due parole che si stanno sempre più radicando dentro di me: vuoto e fiducia.
Proprio ora sto attingendo alla loro fonte perché non so dove mi condurrà la scrittura e che cosa emergerà, parola dopo parola, da dentro di me. Mi rendo conto che, queste due parole, in ognuno di noi, possono evocare ricordi, emozioni, significati diversi ma per me assumono un valore talmente alto che mi portano a sentire un impeto nel cuore.
Il vuoto è uno spazio che in generale noi essere umani facciamo fatica a contattare, anzi passiamo molto tempo a evitarlo.
La tendenza nella nostra quotidianità è quella di riempire le nostre giornate con ogni sorta di cosa da fare: progetti, impegni, recupero d’informazioni, continui pensieri, rincorsa del tempo che scappa, nella speranza che ciò che arriverà domani sarà meglio di ciò che possediamo oggi.
Esorcizzando inoltre ciò che proviamo e viviamo nel momento presente, con il risultato di ritrovarci spesso a condividere con gli altri di essere sotto stress. Tutte queste attività e questi tentativi che facciamo per non stare nel momento presente, a contatto con ciò che è il nostro sentire, ci illudono che possiamo “controllare” quello che accadrà.
Vuoto, per me, significa stare in quello spazio “sospeso” dove non so ciò che accadrà e quale sarà l’esito finale delle cose che vivo, faccio o sento adesso, ma che mi sforzo di non controllare.
Tutto ciò mi spaventa sempre un po' (e da qui credo che nascano tante delle resistenze che spesso avverto a lasciarmi andare a ciò che è) perchè vorrei controllare il corso delle cose, mentre invece ciò che richiede il momento attuale è proprio fede e fiducia.
Anche se non so cosa mi aspetta nel futuro e quale sarà l’esito finale di questa situazione generale mi sforzo di avere fiducia nel fatto che qualcosa che va oltre me ha già tutte le risposte e mi condurrà esattamente dove devo andare e nel contesto perfetto che mi sarà richiesto di vivere in quel momento.
Questo è l’atteggiamento che sempre più voglio radicare in generale nella mia vita ed è anche ciò che accade quando faccio arte, inventando una poesia, costruendo un collage, creando con il mio corpo una danza o un personaggio.
Il procedere senza pianificare esattamente dove arrivare è anche uno dei concetti chiave nelle Arti Terapie Espressive, indispensabile sia all’arteterapeuta che al suo cliente, assimilabile al concetto di poiesis platonico: “il fare dal nulla”, “il fare per fare”, che si associa con praxis, ossia l’azione, che spinge a mettersi in gioco oltre la propria comfort zone e modifica chi agisce.
Nelle ArtiTerapie quando facciamo il vuoto, superando l’idea che avevamo in testa o le aspettative su come avrebbe dovuto essere il risultato finale, e ci abbandoniamo con fiducia, intenzionati ad agire (praxis), aprendoci a ciò che può arrivare, facendoci trasportare “oltre la soglia” dove nulla è conosciuto lì, facendo per fare (poiesis), l’opera si manifesta da sé e appare in tutta la sua bellezza e sacralità.
Si arriva così dall’informe alla forma e cioè a contatto con ciò che non sapevamo che cosa fosse o che ci fosse!
Anche l’arteterapeuta espressivo deve attingere a queste qualità e caratteristiche perché è importante che rimanga scevro da aspettative riguardo al risultato e alla sua idea di come il processo creativo dovrebbe andare o di come la persona che a lui si è rivolta potrebbe “creare”.
Quindi è importante che faccia il vuoto dentro di sé e si predisponga ad essere ricettivo e attento a facilitare l’emersione di ciò che per il cliente è possibile, lasciando andare il suo bisogno di controllare ciò che sta avvenendo.
L’arteterapeuta deve sostenere l’emersione di un qualche cosa, senza sapere in anticipo di cosa si tratterà.
Ecco che qui subentra la fiducia.
Fiducia che entrando in un campo sconosciuto qualcosa accadrà, fiducia che insieme al cliente si troverà una via per attraversare quel campo, fiducia nelle capacità e nei talenti della persona che ha davanti.
Questo è ciò che, dedicandomi alle Arti Terapie Espressive, mi ha più volte affascinata, stupita, curata e arricchita! Ogni volta che creo, se davvero riesco a entrare nel vuoto, ad avere fede, a lasciarmi trasportare dall’intuito, dal piacere, dal nonsense, lì, da quello spazio qualcosa di più grande si manifesta e comunica attraverso l’opera prodotta non solo a me, ma anche a tutti.
In quello spazio è dove posso stupirmi.
Lì è dove posso conoscere senza sapere.
Lì e dove divento un canale affinché qualcosa si crei attraverso di me e allora non sono “io” che realizzo, “io” mi faccio da parte, mi affido al materiale, al movimento delle mie mani, alle parole che emergono, a ciò che cattura la mia attenzione, a ciò che mi suscita il senso del bello e mi dà piacere, mi affido anche a ciò che non controllo o che percepisco in quel momento come un ostacolo, la colla che non attacca come vorrei, una pennellata che crea una macchia, una parola inaspettata, un gesto senza senso.
Mi affido perché ho fede. Fiducia che proprio tutto quello che incrocerò nella mia esperienza contribuirà a portarmi dove dovrò andare e dove sarà utile e necessario che io vada.
E se l’esito dell’opera non mi piacesse? Mi creasse qualche emozione inaspettata o che non comprendo?
Continuerò a fidarmi, e ad affidarmi, perché sono consapevole che anche quel risultato è un messaggio profondo che mi è stato donato dal Sé il cui significato prima o poi arriverà più chiaramente alla Luce della mia coscienza.
Potrà inoltre accadere che, proprio grazie a quell’esito inaspettato, nella mia prossima opera, avrò la possibilità di fare qualcosa di nuovo e completamente diverso grazie a ciò che avrò imparato…
Insomma, come nella vita, nelle Arti Terapie Espressive non esiste l’errore ma la possibilità di crescere, non è importante il risultato ma il “fare per il puro piacere di fare” e più troverò il coraggio di lanciarmi nel vuoto per andare oltre i miei limiti con piena fiducia e più avrò modo di crescere e scoprire le terre sconosciute del mio Sé profondo, come il mondo di domani che la pandemia ha reso incerto e imprevedibile e che desidero diventi un’opportunità e un nuovo spazio di creazione
Comments